La fortuna di conoscere Maurizio De Giovanni

di Paola Ferri De Luca

 

Ho avuto la fortuna di conoscere Maurizio De Giovanni a Shanghai.

E’ un uomo grande, sorridente, ironico, affettuoso. Dovendosi paragonare ad uno dei suoi personaggi, cosa che non ama, forse preferirebbe paragonarsi al brigadiere Maione, chi ha letto i suoi libri può capire…

Era venuto a Shanghai, accompagnato dalla sua amatissima famiglia per presenziare a un festival “ Loro di Napoli”, un evento che aveva come obiettivo sostenere e rilanciare l’immagine di Napoli e della Campania nei mercati asiatici.

Incontrò in quell’occasione anche uno scrittore, giallista come lui, Qiu Xiaolong, durante un incontro, immaginato come un ponte tra due culture.

Ci dimostrarono come  la scrittura possa unire culture diverse e simili.

Due scrittori con la stessa identità ispiratrice: la loro città.

Maurizio De Giovanni è Napoletano, con la N maiuscola. Una volta dichiarò che non avrebbe potuto scrivere nulla se non fosse stato napoletano, figlio di una città i cui confini si estendono e ti accompagnano anche se ce ne si allontana.

La sua storia di scrittore è figlia di un sogno nel cassetto: partecipò a un concorso e vinse. Da allora la sua carriera e le sue idee non si sono più fermate.

Alla domanda, sul perché aveva scelto come genere letterario dei suoi romanzi il giallo, rispose, nel corso di un’intervista all’Auditorium di Roma non  tanto tempo fa,  che in questo genere trovava la chiave per riuscire ad esorcizzare la paura dell’orco, del pericolo, dell’ oscuro, che può colpire all’improvviso, dovunque, chiunque.

Maurizio De Giovanni è un uomo gentile e cortese e, seppure occupato nella stesura del suo prossimo romanzo, ci ha rilasciato questa intervista.

Parliamo di accoglienza, tema tristemente attuale, in fondo i bastardi protagonisti dei suoi titoli sono figli illegittimi per vari motivi e a Napoli vengono accolti e trovano di nuovo una ragion d’essere orgogliosa e prorompente.

Secondo lei Napoli è ancora una città che accoglie?

Secondo me sì. E’ vero che Napoli è a tutti gli effetti una metropoli occidentale, e come tutte le metropoli occidentali è un posto dove la solitudine impera, nonostante la densità di popolazione. Ma credo che l’accoglienza le sia comunque connaturata: la curiosità verso l’altro argina qualsiasi forma di intolleranza e questo consente da sempre un melting pot vivace e dinamico.

Le sue storie non toccano la criminalità organizzata, la camorra è intuita, ma non ne è protagonista, perché questa scelta?

Non parlo di camorra perché non ne so abbastanza. E poi la criminalità organizzata è una macchina che non mi interessa raccontare. Io ho scelto di indagare i sentimenti, che nascono positivi e poi suppurano fino ad arrivare al delitto.

La ‘Grammatica di Nisida’ è il frutto di un progetto bellissimo, nove scrittori che incontrano i ragazzi dell’Istituto Penitenziario Minorile di Nisida. Nisida, luogo dove il mare e il sole sono presenti ma inaccessibili per chi è in prigione.  Grammatica come libertà per i giovani detenuti. Vuol parlarcene?

È solo l’ultimo dei progetti per Nisida cui ho aderito entusiasticamente. Trascorrere del tempo con quei ragazzi si è rivelato un vero privilegio. Tra l’altro, ne ho incontrato alcuni che scrivono senz’altro meglio di me, senza considerare il vissuto, purtroppo per loro materia inesauribile di ispirazione.

In fondo c’è sempre una speranza?

Sicuramente. Ne sono convinto. Uno di loro, che ha ucciso la madre perché molestava la sorellina, è diventato da poco medico. Basta questo per dare un senso e una prospettiva a ogni altra cosa.

Quanto conta una “bella giornata” per un napoletano?

Il tempo atmosferico condiziona l’approccio di ciascuno di noi alla giornata. Anche nei libri sono molto attento a connotare le situazioni sotto il profilo climatico. In questo modo metto il lettore nella prospettiva giusta. Per quanto riguarda la bella giornata, a Napoli spunta inattesa, in qualunque momento dell’anno, con una luce irripetibile.

Nei suoi libri fame e amore sono le cause dei delitti. È così anche nella realtà?

Sembra una semplificazione, ma secondo me ogni delitto è riconducibile – tuttora – alla fame e all’amore, intesi come desiderio (di ricchezze, di fama, di rivincita sociale, di amore).

Nei suoi romanzi Napoli si racconta anche attraverso il cibo, quanto è importante per i napoletani nello scandire momenti e ricorrenze?

Non esiste altro posto in cui le pietanze tipiche scandiscano in modo così preciso i momenti della vita. E’ proustiano assaggiare la pastiera e ritrovarsi a Pasqua.

Come mai tutti noi napoletani anche altrove siamo così legati alle nostre tradizioni?

Perché sono radicatissime, sia per vetustà che per frequenza.

Napoli conosce una nuova stagione di riscoperta, i turisti sono sempre più numerosi, anche sulle tracce dei luoghi dei suoi libri, cosa ne pensa?

Non posso che esserne felice: credo che la città meriti quest’affluenza. Anzi, sono profondamente convinto che Napoli paghi lo scotto di avere troppa bellezza a disposizione. La cura delle meraviglie che troviamo a ogni angolo di strada è una responsabilità spesso troppo pesante da sostenere.

Come sono accolti i suoi libri all’estero?

Sono molto fortunato: sono tradotto in molte lingue e venduto in una ventina di paesi.

Dove ha più successo? 

In Spagna e in Germania. Almeno credo.

Quali sono le reazioni all’ambientazione napoletana delle sue storie?

Ritengo che il merito del successo risieda in massima parte proprio nell’ambientazione. Dico sempre che Napoli è una categoria dello spirito e che ciascun abitante del pianeta ha un ricordo più o meno consapevole di almeno una delle tante facce di questa città, morente e immortale.

Come  i libri e gli scrittori possono/debbono rilanciare all’estero l’immagine di Napoli e dell’Italia?

Non limitandosi a parlare di una sola delle facce della città.

Quanto la sua famiglia è presente nella sua vita di scrittore?

Lo dichiaro sempre, in ogni intervista: senza la mia famiglia non avrei mai scritto niente.

Perché un tifoso del Napoli deve sempre soffrire?

Vorrei saperlo anche io!

Grazie.

Paola Ferri De Luca

Studi in giurisprudenza, ma con la passione per l’arte, si è diplomata alla scuola di Christie’s Education di Parigi. Amante, da buona napoletana, della cucina e delle sue storie. Ha vissuto a Khartoum, Tunisi, Parigi e Shanghai.

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2 Commenti
  1. Complimenti per il nuovo bollettino. Il nome mi lascia ancora perplessa ma così è. Questo articolo o meglio intervista mi ha fatto molto piacere. Questo bravissimo scrittore veramente merita di essere sostenuto e fatto conoscere. Su RAYPLAY c’è la serie tratta dai Bastardi di Pizzofalcone.
    Grazie Paola.

  2. Cara Maria Pia, a voler proprio parlare di nomi…NOTIZIARIO, ti prego : NOTIZIARIO! Il “bollettino” Non esiste più da un pezzo 🙂
    Grazie per la tua attenzione e partecipazione!
    Eleonora

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