di Milena Guarino Padula
Un’analisi lucida di Milena Padula, di ritorno dal Canada e con molta esperienza dello stato delle cose presso le varie associazioni di consorti di Expats. E qualche idea per guardare al futuro..
Appena arrivata a Mosca circa 20 anni fa, sposa novella di un diplomatico italiano, ero ad un ricevimento alla residenza del collega inglese e mi sentii rivolgere una domanda che mi e’ poi stata ripetuta spesso nel corso degli anni e delle diverse sedi ‘’ suo marito e’ un diplomatico e lei che lavoro fa?’’
A me sembrava gia’ abbastanza fare la moglie! Organizzare il trasloco, occuparsi del budget familiare, trovare la scuola per i figli, preparare i ricevimenti, imparare una nuova lingua e all’ occorrenza sostituirsi al falegname o all’ idraulico…
In realtà molte mogli di colleghi stranieri gia’ all’ epoca lavoravano in Consolati ed Istituti di Cultura del loro paese o avevano una carriera autonoma, agevolata dai regolamenti dei loro Ministeri degli Esteri; al contrario noi consorti di diplomatici italiani le ambizioni lavorative le abbiamo dovute riporre in fondo ad un cassetto quando abbiamo pronunciato il fatidico ‘’si’’. Forse all’ inizio pensavamo che saremmo riuscite a conciliare il nostro sudato titolo di studio con la nostra vita itinerante. Invece siamo nel XXI secolo e la realizzazione di una professionalità parallela (dual career) a quella dei nostri mariti e’ rimasta un miraggio.
I problemi oggettivi sono tanti: gli spostamenti continui, la lingua del paese, la fase di adattamento, la gestione della rappresentanza, l’organizzazione della vita familiare. Ma forse un ostacolo va trovato anche dentro di noi, nell’ entusiasmo iniziale che e’ andato scemando; gli anni sono passati, le sedi pure e il nostro curriculum vitae incompleto e’ rimasto nel cassetto…
Inoltre rimanere ancorate all’ idea di una professione specifica che ci eravamo ritagliate addosso come un vestito troppo aderente e’ spesso controproducente in quanto non sempre e’ possibile trovare un lavoro in linea con le nostre aspettative. Si fa sempre più strada la concezione di una carriera itinerante (portable career), una professione da poter mettere nella valigia e portare con noi nelle vari sedi.
Sicuramente e’ importante fare tesoro delle proprie competenze per inventarsi una nuova attivita’: da architetto a decoratore di giardini, da psicologo a life coach, da ingegnere a pittore, da economista a webdesigner, da consorte dedito alla rappresentanza o alla beneficenza ad event manager… sono tante le possibilità di mettere a frutto un bagaglio di esperienze come il nostro.
Certo non è facile… Bisogna rimettere in discussione il proprio approccio professionale, rubare tempo alla famiglia, al marito e al MAECI e soprattutto superare le proprie insicurezze legate ad un curriculum incompleto o a singhiozzo, alla sensazione di essere inadeguate o fuori dal mercato e anche al ruolo che si ricopre come consorte di un funzionario diplomatico.
Occorrono flessibilità, spirito di adattamento, forza di volontà e anche un pizzico di fantasia.
Inoltre il web ed i social networks possono essere di grande aiuto. Un profilo LinkedIn ben costruito o una pagina Facebook che ci valorizza permettono di entrare immediatamente in contatto con un nuovo paese e con le persone che ci possano interessare per il nostro ingresso nel mercato del lavoro. Anche un curriculum vitae ben preparato, adattato alle esigenze del mercato e che metta in luce i nostri punti di forza è fondamentale.
Tuttavia anche l’ Amministrazione dovrebbe fare la sua parte e dare un contributo alla realizzazione professionale del coniuge del diplomatico.
Infatti il consistente taglio della quota dell’ ISE riservata al coniuge, la quota della rappresentanza scorporata ed inserita nel budget di sede come Promozione Sistema Italia, il personale di servizio non più inserito nelle spese di rappresentanza hanno notevolmente modificato il trattamento economico del diplomatico e della sua famiglia all’ estero, rendendo spesso indispensabile una seconda entrata familiare.
Basta affacciarsi in Europa per rendersi conto che tutti i Ministeri Esteri Europei hanno da tempo adottato delle politiche che promuovono il lavoro dei coniugi adeguandosi al loro nuovo ruolo nella società e nella diplomazia. Ad esempio la Francia organizza corsi di formazione su come intraprendere una attività autonoma, Austria, Francia e Gran Bretagna offrono corsi di lingue e seminari sulla ricerca di un lavoro. In alcuni paesi esistono anche compensazioni per la perdita di versamenti pensionistici in sedi disagiate dove non e’ possibile lavorare.
Inoltre l’ impiego pro-tempore dei coniugi in Consolati o in Istituti di Cultura ha permesso a molti Ministeri degli Esteri di realizzare notevoli risparmi economici impiegando persone gia’ in loco.a
Considerati gli ultimi tagli di budget e la difficoltà di ricoprire alcune sedi, il nostro Ministero potrebbe finalmente prendere in considerazione anche questa possibilità.
Da un punto di vista legislativo la modifica del DPR 18, che prevede un tetto massimo di 2.840 euro di retribuzione all’ anno, pena la perdita del contributo del 12,5% al coniuge andrebbe abolito. Si tratta di un odioso ricatto economico che impedisce spesso al coniuge di lavorare per non far perdere alla famiglia un contributo piccolo ma quanto mai importante visti gli ultimi drastici tagli!
Inoltre un incremento degli accordi bilaterali in materia di lavoro sarebbe un’ altro importante passo per favorire il lavoro del consorte all’ estero.
Infine bisogna considerare che i consorti uomini sono in costante aumento, senza parlare dei partner dello stesso sesso. Anche a costoro gioverebbe non poco una carriera parallela quando seguono i funzionari donna in giro per il mondo. Infatti ultimamente il nostro Ministero non riesce a ricoprire abbastanza sedi estere con funzionari donna; una delle ragioni e’ che per le donne in carriera e’ sempre più difficile trovare compagni disposti a seguirle in giro per il mondo senza aver la possibilità di svolgere un’ attività all’ estero.
Una discussione seria sul nuovo ruolo del consorte nella carriera diplomatica non e’ più procrastinabile: occorre una presa del coscienza da parte del MAECI di quanto sarebbero più difficili le sedi all’estero per i diplomatici senza l’aiuto ed il sostegno delle loro famiglie.
Da parte nostra non rimane che rimboccarci le maniche e far sentire la nostra voce, consapevoli da un lato del contributo indispensabile che diamo al benessere delle nostre famiglie itineranti e dall’altro coscienti del nostro valore e delle nostre possibilità, disposte ad esplorare nuovi orizzonti lavorativi e a rimetterci in gioco sempre, in qualsiasi momento della nostra vita.
Milena Guarino Padula
Appassionata della vita itinerante, dopo la laurea in Scienze Economiche e Bancarie all’Università di Siena, ha seguito il marito a Mosca, Londra, Bahrain e Montreal. In questa ultima sede presso la McGill University ha conseguito una laurea specialistica in Public Relations and Fundraising.
Nella pausa romana ha collaborato con l’ ACDMAE per 5 anni anche come vicepresidente occupandosi di Lavoro dei Consorti, Eufasa, Gruppo Giovanissimi e Gruppo Incontro.