di Maria Rosaria Gallo Colella
Regia di Alessandro Cremonini, 2018
Il film, presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia nella sezione “Orizzonti”, affronta il caso, nel frattempo discusso in tribunale, della morte del giovane romano Stefano Cucchi; arrestato per problemi connessi alla droga, il ragazzo muore in carcere una settimana dopo.
La storia è nota, la vicenda è discussa dai giornali e in TV oltre che nei tribunali; il regista affronta, con taglio quasi documentaristico, un caso di cronaca in quel momento ancora irrisolto nella aule di giustizia, ma non nei salotti televisivi e nei bar di quartiere, dove sembrano prevalere più le fazioni che la ricerca della verità.
Stefano viene arrestato mentre sembra in procinto di cedere una dose di stupefacenti ad un amico; droga di cui fa uso, ma di cui nega di essere spacciatore.
Debilitato dalla dipendenza più che decennale, il ragazzo entra in cella già stremato, ma rifiuta a più riprese l’intervento medico; i responsabili della detenzione infieriscono su di lui quasi a voler addebitare a Stefano le colpe, le frustrazioni di chi passa giorno e notte a combattere in un territorio nemico.
La famiglia cerca di essere presente, prova ad esercitare un’autorità che non fa breccia nel comportamento del ragazzo, che sembra trascinarsi verso il suo destino tragico nonostante gli affetti, un lavoro, una vita apparentemente normale.
Il racconto del film sottolinea l’estremo, eroico tentativo dei genitori e della sorella di controllare il vissuto doloroso del giovane e parallelamente il percorso che sta seguendo mentre è in detenzione; senza però riuscire neanche a vederlo prima dell’assurda morte.
È la telecronaca di un fallimento: della famiglia Cucchi, che cerca in tutti i modi di abbracciare il destino di questo figlio che sembra sfuggire all’amore; della giovane vittima, che ha tutte le carte per riuscire e invece e viene trascinato in un baratro senza uscita da un misto di insoddisfazione, inedia, sfiducia verso il mondo e verso se stesso.
È il fallimento dello Stato: di chi ha il compito di punire si, ma di redimere e recuperare alla vita e alla legalità.
Al di là di tutto quello che è stato detto e fatto su questo tragico caso di cronaca, nel suo racconto Cremonini cerca di mettere in luce il lato umano dei protagonisti della vicenda: Stefano, la sua famiglia, gli uomini della Legge.
Toccherà alla magistratura dire chi ha torto o ragione; nel frattempo la storia di Stefano Cucchi e dei suoi aguzzini è divenuta simbolo del malessere di una generazione ingestita quanto ingestibile, che distrugge se stessa quasi senza farci caso.
Laddove la morte, per droga o per violenza, sembra quasi l’unico finale possibile.
Maria Rosaria Gallo Colella
Napoletana di nascita e temperamento , mi sono laureata in Lingue e Letterature straniere presso il prestigioso Istituto Orientale della città partenopea; le lingue le ho poi praticate accompagnando mio marito in giro per il mondo e seguendo le avventure scolastiche dei miei 5 figli. Mi occupo della rubrica sul cinema italiano ” Visti per voi “e della sezione informativa sulle attività del coro Acdmae, nel quale canto da tre anni.