Anna Sanfelice Visconti di Modrone
“Mais… c’est sérieux?”era stato il commento di un alto funzionario ai nostri discorsi, mentre uno dei quattro ascensori portava, con calma, ciascuno alla propria destinazione.
Parliamo naturalmente di molto tempo fa, quando la nostra Associazione era vista come un gruppo di volenterose signore che pretendevano l’attenzione di uffici e personalità impegnate a risolvere problemi infinitamente più seri, e trovavano a fatica un po’ di tempo da dedicare loro.
Tutto era cominciato nel 1979. L’idea, ricorda Marilla Ferraboschi, era partita da Marina Cortese de Bosis, che negli Stati Uniti aveva scoperto l’esistenza di un’Associazione delle consorti e ne aveva parlato a Giovanna Ferraris. Perché non crearne una anche da noi?
Giovanna, entusiasta, aveva riunito un gruppo di giovani colleghe per studiare questa possibilità, vista all’epoca come qualcosa di assai strano. Attorno al suo tavolo da pranzo, nei pomeriggi liberi, Giuppi Pietromarchi, Marika Franchetti Pardo, Marilla, Giovanna Castaldo – e forse ne dimentico qualcuna – hanno, ciascuna con le proprie capacità, preparazione ed esperienza, gettato le basi per creare una voce delle famiglie all’interno del Ministero.
La neonata associazione ha potuto contare su un padrino d’eccezione, Luigi Vittorio Ferraris, per l’assistenza nelle formalità costitutive e non solo; grazie a lui ci è stata messa subito a disposizione una grandissima stanza, decisamente troppo vasta per le occupanti di allora.
Le prime iniziative, il gruppo Accueil e il Come e Dove, hanno avuto un successo immediato. Le colleghe straniere si sono iscritte numerose alle gite e visite storico-artistiche, e le informazioni sulla vita nelle sedi estere hanno dato la misura del servizio che potevamo fornire al personale del Ministero e alle loro famiglie.
All’epoca si ricorreva in genere a qualcuno già sul posto per chiedere notizie, con risultati non sempre soddisfacenti. Si racconta che, alla richiesta di cosa portare con sé in Canada, sia stato risposto una volta “ la sera si porta molto lo smoking”.
Parliamo, naturalmente, di tempi lontani. Tempi in cui i trasferimenti venivano disposti in qualsiasi periodo dell’anno, senza riguardo al calendario scolastico; in cui il riconoscimento dei cicli scolastici effettuati all’estero era regolato dalle norme per i figli degli emigranti. Tempi in cui non esisteva equipollenza tra i titoli di studio, tra la maturità e il baccalauréat. Non si considerava la stipula di accordi bilaterali fra Stati per dare ai consorti la possibilità di lavorare nelle sedi estere, e chi era dipendente dalla pubblica amministrazione e intendeva partire al seguito del consorte non poteva contare su un periodo di aspettativa sufficientemente lungo, rischiando di perdere il posto.
La risposta a questi e ad altri problemi è stata ottenuta attraverso un dialogo continuo tra la nostra Associazione e il Ministero. Cinque anni dopo l’emanazione della legge detta Signorello, che prolungava senza limiti il periodo di aspettativa per i consorti dipendenti dallo Stato, e che avevamo promosso e sostenuto, siamo riusciti ad ottenere la possibilità di riscatto di quei periodi, per maturare più facilmente la pensione nonostante le lunghe assenze. Per gli altri, che difficilmente avrebbero potuto averne una con attività lavorative “a singhiozzo”, abbiamo negoziato un piano pensionistico flessibile, come una serie di assicurazioni mediche pensata per le esigenze delle nostre famiglie.
Abbiamo tentato in ogni modo di modificare la legge che dal 1995 decurta pesantemente le pensioni di reversibilità in presenza di un reddito anche modesto. Questa legge colpisce tutti i superstiti, vedove e figli, ma in modo particolare chi, come noi, riesce difficilmente a contare su un reddito di lavoro per mancanza di continuità. Con il sostegno del SNDMAE abbiamo presentato ricorso alla Corte Europea di Strasburgo, respinto perché giudicato inammissibile. Devo riconoscere che il Ministero, attraverso il Sindacato e l’Ufficio Rapporti col Parlamento, ci è stato sempre vicino in questa battaglia, l’unica vera sconfitta subita in quarant’anni.
Altro momento critico abbiamo dovuto affrontare quando una disposizione della Corte dei Conti ha stabilito che gli spazi degli uffici pubblici non strettamente utilizzati per scopi istituzionali dovessero pagare un canone locativo ai prezzi di mercato. Non avendo altre risorse che le quote dei nostri soci non avremmo mai potuto farvi fronte; l’Associazione rischiava di chiudere.
L’utilizzo della nostra stanza al Ministero era stato concesso molti anni prima con uno scambio di lettere in cui l’Associazione offriva, e la Direzione del Personale accettava, servizi di assistenza e informazione ai dipendenti e alle loro famiglie in cambio dell’uso della stanza; accordo, naturalmente, venuto a cadere.
Facendo appello alla norma che prevedeva un canone agevolato per le associazioni e gli enti con scopi sociali o benefici, abbiamo presentato un ricorso, che si è trascinato per anni e si è concluso con un verdetto interlocutorio. La situazione è stata brillantemente risolta dalla nostra presidente di allora, Francesca Vattani, attraverso un accordo con l’Erario che, in vista della nostra opera di utilità sociale, rinunciava a farci pagare l’affitto.
Ma il maggior titolo di merito che la nostra Associazione può vantare è quello di aver ideato, e inaugurato, la periodica riunione europea delle associazioni dei familiari. Ero presente quando Maria Gabriella Lay, a proposito della conferenza che si sarebbe svolta a Roma nel 1985, aveva detto “visto che vengono qui gli ambasciatori, perché non invitiamo le mogli così parliamo dei nostri problemi?”
Anche quella volta il Ministero ci ha sostenuto, dandoci Villa Madama come sede della conferenza e offrendo la colazione seguita al dibattito. Da quel 10 giugno 1985 in poi le Associazioni europee si sono riunite periodicamente, sviluppando una quantità di temi di interesse comune, e coinvolgendo sempre in maggior numero i Paesi dell’Unione in quella che ora si chiama la conferenza EUFASA.
In quarant’anni è stato fatto moltissimo. Non si può contare il numero di quanti sono passati per il nostro ufficio, mettendo passione, energie, fatica e ritagli di tempo libero al servizio dell’Associazione, sobbarcandosi anche i lavori più noiosi, come l’affrancatura delle buste da spedire per qualsiasi comunicazione, finché la posta elettronica non lo ha quasi eliminato. Lavoro che allo stesso tempo era un modo per ritrovarsi, nella convinzione di fare qualcosa di utile e produttivo, per condividere notizie e impressioni, gioie e preoccupazioni, insieme ad un caffè e un dolcetto offerto dalla golosa di turno.
Ora, in un contesto enormemente cambiato, le nuove generazioni sono chiamate ad affrontare problemi e difficoltà in parte diversi, e non meno impegnativi. Sono convinta che ne sono e saranno all’altezza. Vedo lo sviluppo di nuove iniziative, vedo energie in gioco, dinamismo, volontà di far bene, anche nel dialogo con l’Amministrazione. Sento di aver fiducia nel futuro di un’Associazione che a me, e non soltanto, sta molto a cuore.
Un’Associazione che guardi ai tempi nuovi nello spirito di collaborazione e solidarietà che le ha permesso di superare momenti difficili e di ottenere risultati positivi per la vita delle famiglie; quella solidarietà scritta nel suo statuto, e che costituisce il vero fondamento del nostro stare insieme.
Anna Sanfelice Visconti di Modrone
Napoletana, laureata in Giurisprudenza e Scienze Politiche a La Sapienza di Roma, iscritta all’ACDMAE di cui è stata a lungo Presidente, ha esercitato la professione di avvocato tra un trasferimento e l’altro del coniuge Leonardo Visconti di Modrone. Ha all’attivo diverse pubblicazioni sulle carte conservate nella casa di famiglia a Lauro, sulle consorti che hanno vissuto le turbolenze del Vicino e Medio Oriente, e sui propri ricordi di vita al seguito del marito. Consulente per la cultura del Comune di Lauro, città natale di Umberto Nobile, è stata coinvolta nelle celebrazioni dei 90 anni dal primo sorvolo del Polo Nord effettuato nel 1928 dal dirigibile Italia.