di Maria Giovanna Fadiga Mercuri
Quest’anno fra primavera ed inizio estate, Il Corriere della Sera ha dato il via ad un’iniziativa accolta con entusiasmo da vari studiosi e uomini di cultura. Paradossalmente tutto è iniziato in terra svizzera, a riprova che Dante è patrimonio culturale senza confini.
Infatti il Sommo Poeta è uno degli autori italiani più tradotto al mondo, nonostante la difficoltà della lingua, per nulla agevole ma assolutamente immaginifica ed evocativa, forse perché la grande metafora del viaggio dell’anima che diventa viaggio fisico ed onirico si incrocia con la vita di ognuno di noi. Versi come lasciate ogni speranza voi ch’entrate, l’amor che move ‘l sole e l’altre stelle, Amor ch’a nullo amato amar perdona, fatti non foste a viver come bruti, e soprattutto Ahi serva Italia di dolore ostello riecheggiano nelle nostre orecchie e nei nostri cuori.
Allora, quale data scegliere? Non è facile, vista la scarsità di notizie certe giunte sino a noi. Di Dante non possediamo neanche una riga di suo pugno (e da filologa confesso che condivido con i miei colleghi il sogno recondito di scoprire l’autografo per mia gloria imperitura) e non abbiamo nessuna sicurezza sulla cronologia della tradizione. Ci avviciniamo alla settecentenaria ricorrenza della sua morte, avvenuta il 13 o 14 settembre 1321, una ricorrenza non felice, non idonea ad una celebrazione ripetuta. E la sua nascita? Forse sì, ma prevarrebbe il solito campanilismo italiano: Firenze sì, Ravenna no e viceversa. Dal momento che la proposta sta per diventare un decreto legge, sembra emergere la selezione tra il 25 marzo e l’ 8 aprile (ancora un’incertezza), cioè la crocifissione di Cristo e l’inizio del viaggio ultramondano dell’Alighieri, nel mezzo del cammin di nostra vita.
E perché non “Dante Day”? Perché siamo italiani nel profondo e se l’Italia è il Bel Paese là ove ‘l sì suona (Inf. XXXIII, vv. 79-80), allora …si, benvenuto, Dante Dì!
Maria Giovanna Fadiga Mercuri
Umanista e filologa, ha sempre cercato di svolgere attività di studio e di ricerca nel settore di formazione nelle diverse sedi, fra la Corea del Sud e del Nord, il Regno Unito, la Germania, il Belgio e gli Stati Uniti. Attualmente a Roma, insegna Paleografia e Diplomatica (attenzione: niente a che vedere con la diplomazia!) presso la Scuola di Alta Formazione dell’Istituto Universitario di Patologia del Libro. Ex membro del Consiglio Direttivo uscente, ama scrivere.