di Maria Rosaria Gallo Colella
Nonostante quarantene, clausure forzate e impossibilità di frequentare sale cinematografiche, teatri e conferenze, la voglia di cultura, il bisogno direi, non si ferma; piuttosto si inventa strade nuove, percorribili a dispetto del virus.
Quindi anche quest’anno l’Istituto Italiano di Cultura a Oslo ha svolto il consueto Festival del Cinema Italiano, adeguandosi alle restrizioni comuni a tutti i paesi, restrizioni che ormai sono diventate il nostro nuovo codice di comportamento.
Salotto di casa al posto delle confortevoli sale strapiene; il televisore o, peggio ancora, lo schermo del computer invece del mega-schermo cinematografico che si illumina nella sala buia; scambi di commenti e impressioni col vicino di divano in sostituzione dell’ incontro con l’ attore o il dibattito con il regista.
Nonostante tante limitazioni, che sembrerebbero minare la bellezza della fruizione cinematografica e la sua vera essenza, anche quest’ anno il Festival ha riscosso un grande successo. Direi anzi che il momento minimalista che stiamo vivendo, che ci costringe a essere un po’ più intimisti e riflessivi, ben si addice al filo conduttore della Rassegna, che si astiene da effetti speciali e racconti favolistici affrontando invece temi comuni, forse banali, ma che compongono la vita quotidiana della persona vera, normale: la malattia, l’amore coniugale, l’unità familiare, la solidarietà, la fatica della vita quotidiana.
I film in cartellone sono risultati essere una carrellata di varia umanità al cospetto delle sfide del vivere. Abbiamo iniziato con “Lacci” di Daniele Lucchetti, dal testo di Domenico Starnone sull’ infedeltà e la menzogna su cui si può trascinare una intera vita di coppia, per passare poi a una storia romana, “I predatori” di Pietro Castellitto, in cui due famiglie agli antipodi per estrazione e formazione, influenzano i destini reciproci senza mai incrociarsi.
Magistrale l’interpretazione di Kim Rossi Stuart in “Cosa sarà” di Francesco Bruni, banale storia di un uomo che si ammala, che quasi si rassegna alla morte possibile perché tanto non sembra importare a nessuno; che invece trova la forza di lottare quando riconosce che la sua famiglia c’ è, lo ama e che nonostante i problemi comuni di adolescenti irrequieti, mogli insoddisfatte e genitori distanti farà cerchio attorno a lui con l’ arma più infallibile, l’ amore.
“Padrenostro” di Claudio Noce è la storia realmente accaduta al padre del regista che sopravvive ad un attentato da parte di estremisti nell’ Italia degli anni di piombo.
L’ infanzia del regista, all’ epoca bambino, vive una linea di demarcazione a partire da questo evento: i suoi disegni, i giochi, la spensieratezza con cui era solito affrontare il vivere quotidiano, sempre accompagnato da un invisibile amico immaginario, vengono sostituiti dal terrore e dagli incubi, oltre che dalla scorta armata posta a protezione della famiglia e la paura costante di diventare bersaglio di odio inspiegabile.
In questo vivere “a metà”, nella continua ricerca di una impossibile normalità, si palesa un amico in carne ed ossa che sostituisce quello immaginario; figura imprecisa e a tratti misteriosa, solo nel finale si comprenderà la centralità di questo strano personaggio, che da secondario diventerà il fulcro di una nuova rinascita fatta di affetto e amicizia, possibile anche se macchiata di odio e sangue versato.
“Le sorelle Macaluso”, di Emma Dante, è la storia di una strana famiglia: cinque sorelle siciliane, senza genitori, che nello sforzo di vivere una vita pesante e spesso misera, non dimenticano di godere la loro giovinezza e spensieratezza, anche quando le tragedie della vite le travolgeranno.
L’amore “fraterno” di queste sorelle così diverse tra loro terrà unito il piccolo nucleo anche quando sembra che non abbiano più nulla in comune.
Come mamma di cinque figli, mi asterrei dal commentare le vicissitudini di due genitori stravolti dall’ arrivo del secondo figlio: “Figli”, di Giuseppe Bonito, è la narrazione ironica della vita di questo piccolo, perfetto nucleo familiare: mamma, papà e figlia unica, rivoluzionato nel suo equilibrio dall’ arrivo di un nuovo pargolo.
Notevole la trovata di sostituire convenzionalmente il pianto incessante del bimbo con una Sonata di Beethoven: magari si potesse fare nella vita reale!
Film ben scelti, godibili.
Piccole storie nostrane, grandi temi: drammi familiari, malattie, amicizia, ma anche terrorismo, criminalità, malaffare. Storie che raccontano il nostro paese in un affresco quanto mai vero, ancor più in nell’ epoca che stiamo vivendo in cui strane malattie, ma anche discutibili filosofie, sembrano annullare l’ umano che è in noi.
Maria Rosaria Gallo Colella
Napoletana di nascita e temperamento , si e’ laureata in Lingue e Letterature straniere presso il prestigioso Istituto Orientale della città partenopea. Le lingue le ha poi praticate accompagnando mio marito in giro per il mondo e seguendo le avventure scolastiche dei cinque figli! Da sempre si occupa della nostra Rubrica “Visti per Voi”, uno spazio che per fortuna non ha abbandonato neppure dopo il trasloco ad Oslo, al seguito del marito. Canta da anni nel Coro dell’ACDMAE.
Divertentissima come sempre, geniale cara Maria Rosaria! 🙂 🙂