Mai come in questi ultimi mesi abbiamo sentito parlare di “indipendenza energetica”, “transizione green”, “comunità e impianti di autoconsumo”. Un turbinio di espressioni nuove che continua a confondere chi, alla fine del mese, prendendo in mano la bolletta deve “solo” far i conti con le proprie tasche (sempre più leggere) e con lo sgomento effetto doccia fredda: a parità di consumi (elettrici e di gas) la fattura, in meno di un anno, è quasi raddoppiata!
Con la guerra in Ucraina, l’embargo sul petrolio e quello, sempre più probabile, sul gas, la sfida da vincere in paesi dipendenti come il nostro è diventata quella dell’emancipazione energetica. Non è questa la sede per approfondire il piano del Ministero della Transizione Ecologica per rendere l’Italia indipendente dalle forniture di gas russo, obiettivo che potrebbe essere raggiunto nel 2024, realizzando gradualmente un nuovo mix energetico e sostituendo il gas russo con quello di altri paesi. Preme piuttosto capire se ognuno di noi può fare la sua parte, tanto per liberare il paese dalla schiavitù delle forniture altrui, quanto per contribuire al benessere del Pianeta, della propria salute e delle proprie tasche.
Per un momento, allora, spostiamo la nostra prospettiva dalla forniture (arredamento, oggetti di design e loro utilizzo negli spazi) alla “fornitura” di gas, per il riscaldamento e per la cucina, e di elettricità, per tutto il resto. E cerchiamo di rispondere a due domande cruciali: cosa s’intende per casa autosufficiente? E’ davvero realizzabile in Italia?
Anzitutto, una casa o un appartamento autosufficienti non hanno bisogno di fonti esterne di energia per soddisfare il fabbisogno di chi vi abita. Non vi troveremo cioè contatori e non dovremo più fare volture perché queste abitazioni sono in grado di autoprodurre l’energia necessaria ad alimentare il riscaldamento, l’aria condizionata, gli elettrodomestici e l’illuminazione. Per rendere attuabile tutto questo bisognerà per forza affidarsi a fonti energetiche alternative cioè ecologiche perché presenti in natura (come l’energia solare, eolica, geotermica o fotovoltaica). Passare dal “vecchio” gas-metano, al rinnovabile non è cosa da poco. Si tratta di un obiettivo da pianificare nel tempo, con cura e attenzione: perché richiede ancora (e purtroppo) ingenti investimenti, perché implica lungaggini burocratiche, infine, perché presuppone atteggiamenti parsimoniosi in termini di consumo.
Il primo passo verso la casa energeticamente autonoma è quello di renderla completamente elettrica, eliminando il gas e installando sistemi alternativi per riscaldare e cucinare. E’ fondamentale ridurre gli sprechi, isolando con un cappotto le pareti esterne e il tetto, installando infissi a taglio termico e porte anti-spiffero, scegliendo elettrodomestici di classe A e utilizzando luce Led o lampadine a basso consumo. Per cucinare è auspicabile il passaggio alle piastre elettriche a induzione e per riscaldare si potrà scegliere tra la pompa di calore alimentata da pannelli fotovoltaici e il riscaldamento geotermico alimentato da un impianto a bassa entalpia. Con i pannelli solari (sul tetto o su altre superfici di casa) oppure con un impianto eolico (se siamo in aperta campagna e piuttosto isolati) potremo riscaldare l’acqua. Un sistema di raccolta e filtraggio dell’acqua piovana ci consentirà di riutilizzarla per innaffiare o pulire, mentre l’installazione di un impianto domotico ci aiuterà a monitorare la gestione e l’utilizzo degli impianti anche a distanza.
Tenetevi alla larga dalla tentazione del “fai da te”. Impianti simili richiedono expertise e ditte specializzate. Bisogne selezionarle con cura e contattarle solo dopo aver calcolato quanta energia ci serve in un anno e dopo aver imparato la regola base dell’autonomia: si utilizza all’istante solo l’energia che serve e si accumula energia nei momenti di produzione più favorevoli (l’estate) per compensare i momenti di scarsa produzione (l’inverno).
Materiali, impianti e accorgimenti quotidiani strategici ridurranno al minimo l’importo delle bollette ma non le elimineranno del tutto, eccezion fatta per quella del gas. Per installare impianti “green”, infatti, è comunque necessario sottoscrivere contratti con società – una decina in tutto in Italia – che forniscono energia pulita (non sempre a buon mercato). La “Casa senza bolletta”, a onore del vero, è quindi più uno slogan che una realtà: dopo aver superato gli ostacoli burocratici e finanziari (100mila euro circa d’investimento di base) senz’altro riusciremo a ridurre al minimo l’importo delle bollette ma non ad eliminarle del tutto.
Vale la pena ricordare che il governo ha varato una serie di importanti misure per facilitare al massimo l’espansione di tecnologie fotovoltaiche per l’autoconsumo, semplificando decisamente l’iter burocratico per impianti fino a 200mila chilowatt e per altre fonti rinnovabili. Misure che si aggiungono ai fondi creati per la transizione verde delle aziende e che stanno incoraggiando anche in Italia le cosiddette comunità dell’autoconsumo: collettività di cittadini, imprenditori, commercianti ed enti che si uniscono per produrre energia pulita e condividerla. Se ne trovano sulle Dolomiti, dove peraltro operano fornitori di energia green a chilometro zero, ma si stanno sviluppando a macchia d’olio un po’ ovunque. Nel nostro Paese, inoltre, abbiamo anche esempi riusciti di condomini e complessi residenziali autosufficienti, dove il fotovoltaico permette anche di alimentare nel quartiere la mobilità elettrica. Certo, si tratta ancora di esperienze marginali e per lo più appannaggio di pochi ma, prima o poi, il mercato renderà economicamente più abbordabili queste alternative. La strada è, insomma, segnata e la crisi energetica in atto ci sta spingendo a prenderla seriamente in considerazione.