L’altra faccia della guerra: il filo della solidarietà da Roma a Kyiv

di Svitlana Sharapa Zazo

La guerra, un male assoluto, è riuscita a unire il popolo ucraino oltre ogni aspettativa, rafforzandone l’identità e fortificandone l’immagine agli occhi del mondo. Ma ha anche scosso la sensibilità degli europei come mai prima d’ora.

In Italia, per esempio, è nato nel giro di pochi giorni un vero e proprio movimento di solidarietà che, come un filo diretto, ha collegato Kyiv alle principali città italiane passando per la Capitale. Se quel filo è diventato sempre più forte lo si deve anche alla numerosa comunità ucraina presente in Italia da almeno una ventina d’anni: immigrati che si sono distinti per la loro scarsa propensione al crimine, per il buon livello d’istruzione, la grande capacità d’integrarsi e di svolgere professionalmente lavori essenziali per le famiglie italiane. Stiamo parlando di circa 500mila ucraini (considerando solo quelli con regolare permesso di soggiorno) di cui quasi l’80% donne per lo più attive nel settore dei servizi alla persona. Il restante è impiegato nel settore delle costruzioni e solo una piccola minoranza è già diventata titolare di un’impresa individuale. Questa comunità bene inserita in Italia non ha voltato le spalle al paese d’origine: all’indomani dell’aggressione si è attivata dappertutto, facendo squadra con l’Ambasciata Ucraina di Roma e la sua rete consolare per coinvolgere imprese, parrocchie, Ong e organizzazioni di volontariato presenti sul territorio e convogliare aiuti ai fratelli in patria. La proficua collaborazione tra l’ambasciata Ucraina di Roma e quella italiana a Kyiv ha poi permesso di organizzare in tempi record un hub logistico a Verona per lo smistamento e la spedizione degli aiuti umanitari. Infine, è giunto il contributo altrettanto cruciale dei tantissimi italiani che hanno risposto agli appelli facendo la loro parte per dare sollievo alle popolazioni colpite.

Senza pretesa di riuscire a citare tutti i protagonisti di questi imponente sforzo umanitario, mi sembra giusto quantomeno ricordare quello che il governo italiano coordinandosi con le municipalità, le regioni e il terzo settore, è riuscito finora a mettere in campo per le popolazioni martoriate. Aiuti in aggiunta a quelli che confluiranno nel “Flash Appeal” e nel Piano di Risposta Regionale, voluti dalle Nazioni Unite per veicolare complessivamente almeno 4 miliardi di dollari, e nell’European Peace Facility, lo strumento finanziario di supporto militare, fuori dal bilancio dell’Ue, per prevenire i conflitti fuori dai confini europei.

L’Italia ha offerto mezzi ed equipaggiamenti militari non letali per un valore di circa 12 milioni di euro, 500mila euro di finanziamenti a sostegno di docenti, ricercatori e studenti ucraini, aiuti a prestito del valore di 200 milioni di euro deliberati dal ministero dell’Economia, oltre ai trasferimenti da 110 milioni di euro della Farnesina in supporto del bilancio generale del governo di Kyiv.

Il Ministero dell’Interno ha ulteriormente potenziato i meccanismi di accoglienza presenti su tutto il territorio in modo da assicurare almeno 15mila posti in più per i rifugiati ucraini. Altri 13mila posti sono stati creati con investimenti ad hoc nei centri governativi di accoglienza e saranno messi a disposizione dei profughi anche i Covid Hotel e gli alloggi offerti da altre associazioni.

Sul fronte strettamente umanitario, la Cooperazione Italiana ha contribuito con un milione di euro alle attività di prima assistenza del Comitato Internazionale della Croce Rossa in Ucraina. Il nostro Paese ha risposto agli appelli del sistema delle Nazioni Unite e del movimento internazionale della Croce Rossa deliberando contributi per un valore complessivo di 25 milioni di euro che, nello specifico, finanzieranno: l’Ukraine Humanitarian Fund dell’OCHA (6 mln di euro), l’UNICEF per l’Ucraina (6 mln di euro), le attività dell’UNHCR in paesi limitrofi come Polonia, Slovenia e Moldavia (8 mln di euro), il comitato della Croce Rossa Internazionale (3 mln di euro) e la Federazione Internazionale delle società Croce Rossa e Mezzaluna Rossa (2 mln di euro).

Con i sostegni finanziari, è stato dato un forte impulso alle donazioni di beni di prima necessità: almeno 5 tonnellate di kit sanitari sono stati consegnati dalla Croce Rossa italiana all’Ucraina a fine marzo mentre, nello stesso periodo, altre 20 tonnellate di materiali umanitari (tende, coperte, lampade, kit igienico-sanitari) della Cooperazione italiana hanno raggiunto la Polonia dalla base di pronto intervento umanitario delle NU di Brindisi da cui peraltro sono partite anche altre 20 tonnellate di beni di vario genere diretti in Moldova e in Ucraina (via Romania).

Alcune regioni italiane si sono particolarmente distinte per i loro contributi: il Friuli Venezia-Giulia, per esempio, ha donato alla Slovacchia un campo per assistere 250 profughi, un campo da 500 posti è stato offerto alla Moldova dalle province autonome di Trento e Bolzano, mentre il Veneto ha donato a UNHCR una tensostruttura per gli sfollati. Ancora, le associazioni ANA Veneto, ANPAS Emilia-Romagna con la Regione Umbria hanno inviato in Ucraina e in Polonia tre cucine da campo. Altre associazioni regionali toscane hanno fatto arrivare in Polonia, con il treno, 1.500 pedane di aiuti umanitari.

Sarebbe impossibile dar conto delle quantità di farmaci, indumenti e pacchi alimentari devolute dalle varie reti che si sono attivate su tutto il territorio nazionale. Basti sapere che, ad aprile scorso, le rete delle farmacie italiane organizzate da Federfarma e dall’Associazione europea dei farmacisti (PGEU), insieme alle Associazioni Provinciali e alle Unioni Regionali, sono state capaci di raccogliere 435mila euro da devolvere interamente alla CRI per l’Ucraina: un’altra dimostrazione del grande spirito di solidarietà e dell’impegno civile che hanno contraddistinto gli italiani in quest’emergenza.

Gli appelli a donare sono stati rilanciati senza sosta anche da numerose Fondazioni ma soprattutto dalla Basilica minore di Santa Sofia di Roma che è diventata lo snodo cruciale dello sforzo per fare arrivare alla popolazione in guerra tutto l’aiuto possibile.  La Chiesa degli ucraini cattolici di rito bizantino, a Boccea, è stata letteralmente inondata di aiuti di ogni tipo tanto che il vero problema, già da qualche tempo, è reperire mezzi di trasporto (tir, camion, pullman o van) per fare arrivare al confine con l’Ucraina gli scatoloni con i generi di prima necessità. Si stima che almeno una settantina di Tir carichi siano già giunti a destinazione da Santa Sofia e da altri centri di smistamento, a fronte di circa 110mila ucraini (in larga maggioranza donne e bambini) che – sempre secondo stime ufficiali – sono entrati nel nostro Paese dall’inizio delle ostilità ad oggi. Molte amministrazioni locali, sollecitate dalle comunità ucraine, si sono rivolte alla Caritas per mettere in contatto le famiglie disposte ad ospitare profughi, minori soprattutto, con le varie organizzazioni umanitarie attive sul teatro di guerra e colpisce particolarmente il dato dei minori non accompagnati: circa 4mila bambini, la maggior parte dei quali ha trovato una famiglia italiana pronta all’accoglienza perché si era già registrata sull’apposita piattaforma creata dalle associazioni collegate alla Caritas. La scuola pubblica italiana è anche riuscita a far posto a 16mila rifugiati di età compresa tra i 3 e i 13 anni, mentre decine di piccoli pazienti oncologici sono stati accolti dall’Ospedale del Bambin Gesù di Roma e dagli ospedali pediatrici di Firenze, Genova e Torino dove riceveranno gratuitamente le cure e i trattamenti di cui necessitano.

Ricordiamo volentieri che anche ACDMAE si è attivata presso l’Università LUISS, con cui collabora da oltre un anno, per sollecitare l’offerta di dieci borse di studio a studenti ucraini meritevoli.  L’altro nostro partner istituzionale, “La Sapienza” ha invece aperto le sue porte a 25 studiosi provenienti dai paesi coinvolti nel conflitto ucraino, incluso quattro docenti dissidenti russi. I Visiting Professor provenienti da zone di guerra saranno ospitati per quattro mesi in strutture universitarie dove potranno continuare a svolgere la loro attività accademica, iniziativa possibile grazie a uno stanziamento straordinario di 300mila euro.

Hanno dato il loro contributo, importante ma più difficilmente quantificabile, anche una serie di grandi imprese italiane come Barilla, Esselunga, Ferrero, Piazza Italia, solo per citarne alcune. Molte aziende del nord-est hanno addirittura offerto direttamente posti di lavoro ai rifugiati ucraini aprendo così un capitolo inedito di una solidarietà che mira a compensare con la dignità del lavoro chi con la guerra ha perso tutto.

I rifugiati ucraini in Europa – ad oggi circa 6 milioni  di persone di cui oltre la metà in Polonia – godranno dello statuto temporaneo di protezione creato dall’Ue nel 2001 sulla scia della guerra in Kosovo, che consente anche di lavorare in qualsiasi paese membro fino a un massimo di due anni. Molti rifugiati oggi in Italia hanno infatti espresso la volontà di ritornare in Ucraina per partecipare alla ricostruzione non appena la guerra sarà cessata, soprattutto se la città d’origine è stata risparmiata dai bombardamenti a tappeto.

E mentre si continua a discutere di una pace necessaria ma ancora inesorabilmente lontana, tutto induce a ritenere che i numeri – tanto degli aiuti stanziati, tanto dei rifugiati – sono destinati a salire. Allora, l’appello non può essere che quello di non interrompere i contatti con le numerose organizzazioni – laiche e cattoliche – che in tutto il territorio italiano sono riuscite a mettere in moto questa straordinaria macchina della solidarietà. Una macchina di cui non si può non essere orgogliosi e che, certamente, non spegnerà i motori neppure in piena estate.

Svitlana Sharapa Zazo

Nata in Ucraina, laureata in biologia e chimica, è sposata dal 2001 e ha due figli. Ha vissuto a Mosca e Canberra con il marito, già Ambasciatore italiano in Australia. Qui ha fatto parte del gruppo UN Women per la parità di genere sostenendo iniziative di beneficenza per le vittime di violenza domestica e ha collaborato con l’associazione Friends of the School of Music Canberra. Nella Capitale ha anche promosso attività  a sostegno della scuola italo-australiana e della diffusione dell’arte contemporanea italiana in Australia. E’ stata vicepresidente ACDMAE, responsabile del gruppo “Insieme a Roma” prima di partire per Kyiv con il consorte, attuale Ambasciatore italiano in Ucraina.  Ama lo sport, l’arte, la musica e la storia ma oggi, a Roma, consacra molte delle sue energie alla mobilitazione di aiuti per il suo paese natale.

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