di Svetlana Sharapa Zazo
Un Natale in guerra, al freddo e con la luce, nel migliore dei casi, ad intermittenza. Milioni di ucraini che convivono da mesi con la minaccia di attacchi nucleari e con le devastazioni provocate dai missili lanciati quotidianamente (in media una settantina) stanno preparando lo stesso, in difficilissime condizioni, il Natale di rito ortodosso.
A quasi un anno dall’inizio del conflitto, queste festività avranno per loro un significato completamente diverso. Ci saranno pochi alberi agghindati oltre a quello, imponente, di piazza Santa Sofia a Kiev; ben poche luminarie per strada e ancor meno tavole imbandite nelle case. Sarà però il primo Natale di un popolo unito, “rinato”, e fiero come mai prima è stato. Un popolo determinato a resistere a oltranza e a costruirsi un avvenire indipendente da Mosca. Questa è la certezza che ho portato con me rientrando a Roma, dopo la mia ultima permanenza a Kiev, dove lavora mio marito, e a Chernihiv, città vicino al confine bielorusso, dove tuttora abita la mia famiglia d’origine.
La vita, anche sotto le bombe, alla fine continua per tutti. Così è stato per me: in quei giorni non ho mai smesso di partecipare a eventi per raccogliere fondi e visitare centri di assistenza, amici in difficoltà e parenti. Con la mia auto, prendendo ogni precauzione e facendo molta attenzione, mi sono spostata verso il nord del Paese. Ho anche preso il treno, di notte, come fanno tantissimi ucraini da quando siamo in guerra. Voglio qui ricordare che le nostre ferrovie pubbliche, Ukrzaliznytsia, hanno lavorato ininterrottamente e in modo encomiabile, per recuperare i feriti dal fronte, evacuare le famiglie dalle città sotto assedio e trasportare un numero imprecisato di rifugiati. La nostra rete ferroviaria ha dato prova di capacità logistiche inimmaginabili. Nonostante i pericoli, i treni si sono infatti rivelati mezzi sicuri anche per delegazioni internazionali: procedono lentamente, nella notte (per esser meno visibili) e fermandosi spesso, ma assicurano un servizio affidabile e abbastanza comodo a tutta la popolazione.
Gli ucraini hanno imparato a convivere con qualsiasi tipo di privazione e di minaccia: può caderti una bomba vicino o in casa; può saltare la luce per un tempo indeterminato; può anche succedere di restare senza acqua perché le pompe, se non c’è corrente elettrica, non funzionano. In zone particolarmente colpite come quella di Kherson si sta in fila per ore, al freddo, per un pezzo di pane. Ovviamente gli ascensori sono tutti fuori servizio, anche nella capitale e negli edifici con molti piani, e di regola nessuno lascia mai il proprio domicilio, neppure per una veloce commissione, senza avere con sé uno zainetto con generi di prima necessità (cibo secco, carica batterie e un cambio). Ma si va avanti anche così, sfidando quotidianamente la paura. E, infatti, ci sono dei teatri ancora aperti, si continuano a svolgere manifestazioni pubbliche e anche le chiese sono gremite di fedeli. Molto conforto e aiuto concreto arriva dalle organizzazioni umanitarie e dalla comunità internazionale che è rimasta sul posto ed ha tenuto le Ambasciate aperte. “Se non scappano gli stranieri – pensano gli Ucraini – allora significa che le cose non vanno poi così male!”
In queste settimane di freddo intenso (si prevede che in inverno il termometro scenderà parecchi gradi sotto lo zero) le squadre di soccorso stanno lavorando a ritmi serrati per costruire “centri di emergenza” perché le interruzioni di corrente potrebbero durare anche dieci giorni consecutivi. Questo è senza dubbio lo scenario più preoccupante. I generatori, infatti, sono merce rara: mancano molte componenti fondamentali, per esempio i trasformatori, per poterli produrre. Allora, su tutto il territorio sono stati già equipaggiati circa 16mila centri: spazi sicuri, grandi, e aperti a tutti coloro che si trovano in grave difficoltà. All’interno vengono forniti gratuitamente una serie di servizi essenziali come le connessioni internet satellitari, le prese per caricare le batterie di PC e cellulari, il riscaldamento, l’acqua calda e pietanze semplici, anch’esse calde, per rifocillarsi. Qui ci si può rifornire anche di coperte e di candele, che servono davvero a tutti e in grande quantità, così come i computer.
Il mio racconto sarebbe incompleto senza dar conto del formidabile ruolo delle donne ucraine. Se, da una parte, sono loro le prime vittime del conflitto (di 12 milioni di sfollati il 90 % sono donne e bambini), dall’altra hanno mostrato a tutto il mondo forza e valore straordinari: oltre a svolgere innumerevoli attività di volontariato, ricoprono spesso incarichi a rischio elevato, sia sul fronte che nei bunker. Tutte quelle che hanno potuto, si sono messe a servizio del Paese, dando un contributo in base all’esperienza e al grado d’istruzione.
Le donne che lavoravano in aziende sono quelle che stanno letteralmente salvando l’economia del Paese. Quelle che, a vario titolo, si dedicavano alle arti performative partecipano lo stesso a eventi, ma per raccogliere fondi. Chi insegnava continua a farlo, anche nei rifugi, al buio e senza stipendio a fine mese. Non c’è stazione di metro, scantinato o garage che non sia stato attrezzato per il lavoro o per lo studio. Oggi sono circa 40mila le soldatesse ucraine regolari, molte delle quali hanno raggiunto l’esercito durante il conflitto. Inoltre, un numero impressionante di donne partecipa ai soccorsi curando i feriti, mettendo in salvo i civili e convogliando aiuti dove si combatte.
Tutte queste donne, lo scorso 24 febbraio (data d’inizio dell’ “operazione speciale” russa) hanno fatto scelte precise: lavorare, aiutare e sopravvivere. Sono il volto nuovo di un Paese che sogna un altro futuro e che, a Natale, chiederà soprattutto speranza e giustizia.
Non è stato qui possibile rendere conto delle innumerevoli organizzazioni che stanno aiutando sul campo i civili ucraini, in particolare donne e bambini, colpiti dai bombardamenti.
Nel caso vogliate devolvere a Natale un piccolo contributo, in modo sicuro e diretto, la nostra amica Svetlana segnala la Fondazione Pro Infanzia di Chernihiv che sta assistendo i minori di tutta la regione.
BENEFICIARIO: Fondazione Pro Infanzia di Chernihiv
Via Mstyslava, 28/1, Chernihiv
IBAN: UA 163531 00000 00000 2600 8053030
BIC/SWIFT: PLICUA22XXX
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Chernihiv vul. Kyivsaka, bud.3 – Ukraine
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Svetlana Sharapa Zazo
Nata in Ucraina, laureata in biologia e chimica, è sposata dal 2001 e ha due figli. Ha vissuto a Mosca e Canberra con il marito, già Ambasciatore italiano in Australia. Ha fatto parte del gruppo UN Women Australia per la promozione della parità di genere sostenendo iniziative di beneficenza per le vittime di violenza domestica. A Canberra ha anche promosso attività a sostegno della scuola italo-australiana e della diffusione dell’arte contemporanea italiana in Australia. È stata vicepresidente ACDMAE e responsabile del gruppo “Insieme a Roma” prima di partire per Kyiv con il consorte, attuale Ambasciatore italiano in Ucraina. Ama lo sport, l’arte, la musica e la storia ma oggi, a Roma, consacra gran parte delle sue energie alla mobilitazione di aiuti per il suo paese natale.