di Eleonora Mancini Durante Mangoni
Incontrare le “eccellenze del made in Italy” e promuoverle all’estero è sempre un’esperienza entusiasmante. I dati che le accompagnano parlano di un’Italia che crea e inventa, sa evolversi e vincere. Le storie delle “eccellenze” partono da un colpo di genio che mette le ali, da casualità che trasformano destini collettivi e personali, da tenacia e passione a dir poco favolose. E il loro “story telling” diventa strategia di comunicazione che ne completa il successo e vale la pena di essere raccontato anche nelle pagine di ALTROV’E’.
Ci fa piacere inaugurare una rubrica dedicata alle “eccellenze del made in Italy” con Agroittica Lombarda, azienda italiana la cui vicenda imprenditoriale è caratterizzata da un tale complesso equilibrio di bizzarria, genio e perseveranza che merita proprio di essere raccontata così, come se fosse una favola da narrare davanti al camino in una sera d’inverno.
Mettetevi comodi e ascoltate…
C’era una volta, e c’è ancora, un paese ridente che si chiama Calvisano.
E’ un comune prossimo a Brescia, ha 8500 abitanti, bei palazzi e chiese che attestano un’influenza forte della Serenissima e il fiero passato dei comuni italiani.
Sorvolandolo in groppa a quel drago onnipotente che è Google Maps, oltre il centro storico si scorge un reticolo di vie costeggiate da villette a due piani che parlano di una borghesia ordinata, benestante e operosa. E in effetti a Calvisano il lavoro non manca.
Sono gli anni ’70 quando la famiglia Tolettini decide di aprire un’acciaieria: l’acqua sorgiva indispensabile per il raffreddamento degli impianti qui è abbondante e Calvisano sembra essere il luogo ideale. Tanto più che il ciclo è assolutamente pulito, l’acqua passa in camere stagne, raffredda il circuito ed esce inalterata. O quasi.
Se non fosse per la temperatura: attraversando gli impianti, l’acqua si riscalda e non può essere smaltita nell’ambiente perché altererebbe l’ecosistema. Deve essere riversata in apposite vasche e qui lasciata a raffreddare.
Giovanni Tolettini, da ottimo imprenditore qual è, vorrebbe in qualche modo valorizzare e sfruttare anche le acque di risulta ma non sa che pesci (sic!) pigliare e ne parla con l’amico Gino Ravagnan, professore di idrobiologia e grande esperto di itticoltura.
Ravagnan, originario di Chioggia, pensa alle anguille: prediligono le temperature miti e si moltiplicano nelle acque calde.
L’allevamento di anguille si sviluppa, dunque, contemporaneamente alla produzione di acciaio e qualche anno dopo, nel ’77, nasce una società dedicata a questa attività, la Agroittica Lombarda, che fiorisce e prospera. Almeno fino alla metà degli anni ’80, quando il mercato delle anguille repentinamente crolla: i gusti cambiano e le nuove generazioni sembrano non gradirle più.
Si è appena preso atto del fatto che l’allevamento deve essere riprofilato, quando Gino Ravagnan organizza a Venezia un importante congresso internazionale di biologi ed esperti di itticoltura con cui, en passant, parla delle acque calde di Calvisano.
C’è infatti un tarlo che lo assilla, un’intuizione, un sogno forte che vorrebbe condividere con qualcuno e che riguarda un allevamento di pesci pregiatissimi mai tentato prima. Almeno in Italia.
L’uomo del destino è Serghej Doroshov, famoso biologo russo emigrato negli Stati Uniti e impegnato nell’allevamento sperimentale dello storione bianco in California.
Chino sulle acque calde e sui fogli delle analisi organolettiche, Doroshov pronuncia la parola magica, il suo “DA!” a pieni polmoni: le acque di Calvisano sono davvero quanto di meglio si possa sperare per l’allevamento degli storioni e soprattutto per la raccolta di quell’oro nero che è il caviale, finora esclusiva di Iran e Russia.
In natura, gli storioni iniziano la produzione di uova nelle acque temperate dell’Iran e, se qui raccolte, esse danno un caviale pregiatissimo perché l’uovo è ancora a uno stadio di sviluppo iniziale, ha miglior sapore e la pellicola che lo contiene ha la consistenza ideale. Man mano che gli storioni risalgono i fiumi verso nord, le uova di caviale si sviluppano e, giunte nelle acque fredde della Russia, sono pronte per essere deposte dalla femmina e fecondate esternamente dal maschio. A questo stadio il caviale ha dimensioni superiori e la pellicola che avvolge l’uovo è meno gradevole per la degustazione.
Ravagnan e Doroshov si mettono al lavoro. Tra 25 famiglie di storioni diversi, alcune pregiatissime altre gregarie di minor valore, selezionano lo storione bianco Acipenser transmontanus che Doroshov spedisce a Ravagnan dalla California allo stadio di larva appena nata, facendo intenerire tutta Calvisano.
Mai fidarsi delle apparenze. Avere a che fare con lo storione è peggio che combattere contro un drago e ha bisogno di più cure di una principessa di casa reale!
E se Ravagnan avesse conosciuto gli incantesimi di Malefica, non avrebbe esitato ad addormentare tutti per qualche decennio: lo storione impiega dai 6 ai 20 anni per raggiungere l’età adulta e dare le uova da caviale. Intanto mangia come Pantagruele e mantenerlo costa una fortuna.
Agroittica Lombarda, per ingannare l’attesa e sfamare l’Acipenser, si impegna nella lavorazione e vendita di salmone, tonno e pesce spada e anche di qualche anguilla per gli amanti del genere.
Intanto Ravagnan e Doroshov combattono strenuamente contro le difficoltà dell’allevamento. Perché lo storione cresce di peso ma non altrettanto d’ingegno: dopo lo svezzamento rimane perplesso sul da farsi e pochi sono quelli che hanno l’illuminazione di aprire la bocca e mangiare da soli. La maggior parte muore inerte e di fame adagiandosi sul fondo. Inoltre è schivo e pauroso come una mammola: basta un’ombra sull’acqua per farlo schizzare in preda al panico verso le pareti delle vasche dove, ahimé, si schianterebbe se Ravagnan non avesse dotato i bacini di pareti antinfortunio e aerodinamiche su cui il pesce scivola e riplana nell’acqua, quasi sempre senza danno.
Ma è quando arriva il momento della raccolta del caviale che bisogna affrontare l’ultima prova, la più bizzarra. A vista è infatti impossibile distinguere lo storione maschio dalla femmina e Agroittica ha dovuto attrezzarsi di un laboratorio di ecografia dove agli storioni, adagiati con cura uno ad uno sull’apposito lettino, viene praticato l’esame ecografico che consente finalmente di separare le femmine, portatrici di caviale e dunque preziosissime, dai maschi utilizzati per la riproduzione, la produzione di carne e la vendita della pelle che, appositamente conciata, viene utilizzata in pelletteria.
E’ il 1992 quando Agroittica Lombarda immette sul mercato la prima partita di caviale italiano e soltanto nel 1998 si potrà dire che l’allevamento ha raggiunto piena autosufficienza riproduttiva. Nello stesso anno lo storione viene dichiarato specie protetta ed è proibita l’esportazione degli esemplari vivi fuori dagli Usa. E’ l’inizio di un grande successo per Agroittica che possiede l’unico allevamento di storioni bianchi in Europa.
Oggi l’azienda, controllata dalla storica famiglia industriale bresciana dei Pasini, proprietaria anche di Feralpi, detiene l’80% del mercato del caviale italiano con una produzione di quasi 30 tonnellate annue.
Dopo l’iniziale diffidenza dei mercati verso il caviale “made in Italy”, Agroittica ha saputo far apprezzare l’alta qualità dei suoi prodotti e messo in atto strategie di marketing vincenti. Ha lanciato il brand “Calvisius” con ben 13 diverse etichette di caviale prodotto da 6 diversi tipi di storione. Calvisius è divenuto sinonimo di eccellenza ed oggi l’ “oro di Calvisano” ha conquistato anche un mercato di produttori storici come la Russia. Dai ristoranti stellati alle compagnie aeree, la clientela di Calvisius è vasta e di altissimo livello e ha conferito ad Agroittica Lombarda premi e riconoscimenti.
A capo dell’azienda dal 2018 è Carla Sora, affascinante signora con l’acume di fine stratega, affiancata – tra gli altri – da Luigi Mondini, simpatico e disponibile direttore commerciale, il quale mi ha raccontato questa storia. Non proprio davanti al camino come mi sarebbe piaciuto, ma davanti a una tazza di caffè che si è fatto freddo, tanto mi aveva preso il racconto dell’Acipenser transmontanus.
E l’acqua calda?
L’acqua calda, dopo tanto sciabordare, si raffredda, è ancora incontaminata e può essere riutilizzata in agricoltura. Come a dire, anche dello storione non si butta niente.
E pure se c’è voluto un po’, a Calvisano vivono tutti felici e contentissimi!
Eleonora Mancini Durante Mangoni
Una laurea in Lingue e Letterature Straniere e una specializzazione all’Università Statale di Mosca, vari anni di lavoro nell’ambito della comunicazione e promozione del “Made in Italy” all’estero. E’ stata membro del Direttivo ACDMAE 2015/2017 con la responsabilità del Gruppo Eufasa e prima sostenitrice del Progetto editoriale di “Altrov’è”. Attualmente lavora a Roma, per la ROBERTO COIN S.p.a. Ha collaborato con scrittori e giornalisti in progetti editoriali, conducendo lo studio dei materiali di ricerca in lingua russa. Ha vissuto in Russia, Libia, Giappone.
Mi è piaciuta molto questa bella storia!!! Ingegno italiano, tenacia, e bel modo di raccontarla
Anche a me e’ piaciuta tantissimo….una storia che potrebbe già’ diventare sceneggiatura!