di Lavinia Coppola De Nicolo
Basta un colpo d’occhio su Google per rendersi conto che Maria Cristina Finucci è davvero fuori dal comune: il motore di ricerca restituisce più di 44mila risultati solo in italiano. Impossibile tenere il conto di quelli riportati in altre lingue.
Chi è Maria Cristina Finucci? Lei si definisce un’artista, un architetto e una designer. Ma non la dice tutta: è anche una giornalista, un’attivista, una consorte attenta, una mamma premurosa e … un capo di Stato! Cristina infatti è Presidente e fondatrice del “Garbage Patch State”: complice un’aumentata sensibilità sulle questioni ambientali a tutti i livelli, il suo arcipelago di plastica in soli sei anni si è conquistato l’attenzione delle massime istituzioni internazionali. Ma non è solo il successo del suo lungimirante progetto a spingerci a chiederle un’intervista.
Cristina è anzitutto una visionaria e, come noi tutte, una globetrotter che ha sempre avuto come priorità il benessere dei suoi quattro figli. E ha anche saputo miracolosamente conciliare il suo ruolo di consorte, con gli spostamenti e gli impegni che questo comporta, la gestione della famiglia e dei figli, appunto, con un eccezionale talento artistico che l’ha portata a esporre le sue opere in giro per il mondo in importanti location.
Nata a Lucca e laureata in Architettura a Firenze, Cristina fin dalla più tenera età dimostra una forte propensione per l’arte nelle sue varie forme: dalla scultura, alla pittura, alla fotografia, alla video art. “La mia esperienza all’estero, al seguito di mio marito (n.d.r. l’Ambasciatore Pietro Sebastiani) – racconta – mi ha permesso, in definitiva, di vivere tante vite differenti ed è stata di fondamentale importanza perché mi ha aperto verso orizzonti via via diversi che mi hanno arricchito di tantissime idee innovative”. Pur sempre lavorando come architetto, in Italia e all’estero, Cristina non ha mai rinunciato ad esprimere il suo pensiero attraverso il linguaggio dell’arte e infatti ci parla subito della sua “urgenza di comunicare attraverso le forme, le immagini e lo spazio”. Nascono così, tra un cantiere e l’altro, i suoi primi lavori: da “Paradigmi” (2010), performance video presentato al L.u.C.C.a Museum in cui mette in discussione la struttura della nostra percezione della realtà, ad “Altri Occhi” (2011) video sulla scoperta concettuale della terza dimensione ispirato al romanzo fantastico-scientifico “Flatland” del matematico Abbott, a “Living Restraint”, in cui Cristina approfondisce ulteriormente la sua ricerca di una dimensionalità diversa, di un superamento della percezione come la si intende in senso classico.
Questo background non è estraneo alla svolta artistica del 2011, anno in cui concepisce “Wasteland”, un’opera transmediale strutturata in più fasi e dedicata a una realtà presente ma praticamente impercettibile, in una dimensione altra: enormi cumuli di materiale plastico che galleggiano sotto la superfice del mare e che assurgono ad una necessaria visibilità, ad un grido per la salvezza della Terra. La plastica diventa così protagonista di installazioni che rendono visibile e tangibile uno dei più drammatici problemi ambientali del Pianeta: l’inquinamento degli oceani. “Mi ha sempre attratto il tema di come rendere visibile l’invisibile ai sensi. La plastica nel mare diventa trasparente, si confonde col plancton, finisce per disgregarsi e non si vede più. Un problema enorme ma invisibile, perché non ha una vera e propria immagine”.
Il progetto “Wasteland” ha avuto il suo momento di svolta nell’aprile del 2013 quando alla sede dell’UNESCO di Parigi, Maria Cristina, alla presenza della Direttrice Generale, proclama la nascita del Garbage Patch, uno Stato Federale composto da cinque “isole” di rifiuti di plastica abbandonata negli oceani, ridotta, dall’azione dei raggi del sole e delle intemperie, ad immensi agglomerati di particelle che inquinano i nostri mari e minacciano seriamente l’ecosistema.
L’Away State è il secondo stato più grande al mondo dopo la Russia, con una superfice di 16 milioni di chilometri quadrati ed è stato creato da noi in sessant’anni di scorretto uso e smaltimento di oggetti di plastica. E che da noi dovrebbe essere distrutto. Infatti, ribadisce Cristina, è “il primo Stato nato non per prosperare ed espandersi, ma per implodere e morire”.
E’ lei stessa a guidarlo stabilmente, da allora. Ne crea un’Ambasciata, a Roma, nel 2014, inaugurata dall’allora Ministro dell’Ambiente Galletti, ne concede la cittadinanza, con l’emissione di “certificati di adozione virtuale” a chi desidera “prendersi cura” di un oggetto di plastica, non gettandolo via (e dove, via? Proprio in quell’Away State dove non lo vedremmo più, dove non ci darebbe fastidio, ma dove continuerebbe ad esistere per migliaia di anni a venire) per rammentare a tutti quella che dovrebbe essere una regola di vita, un impegno concreto per la salvezza del pianeta.
Insieme ai Paesi dell’ONU aderisce anche all’Agenda 2030, in quanto gli ambiziosi obiettivi per un pianeta più pulito, sono esattamente in linea con la sfida del Garbage Patch State. E non finisce qui perché il progetto “Wasteland” continua portando nei luoghi simbolo della nostra civiltà le sue grandi installazioni in materiale plastico. Plastica che diventa arte e costruisce consapevolezza. Con Cristina il Garbage Patch debutta alla Biennale di Venezia, nel 2013; poi, nel 2015, al Palazzo di vetro dell’Onu, all’Expo di Milano, al BlueMed a Venezia, al Cop21 di Parigi: fiumi e vortici di oggetti in plastica che invadono, con la loro finalmente visibile presenza, siti istituzionali, anche in momenti topici di discussione in merito alle tematiche sull’inquinamento e sull’ecosostenibilità delle nostre azioni. Con “HELP the Ocean”, tra il 2017 e il 2019, le sue immense installazioni arrivano nel cortile d’Onore dell’Università di Milano, in occasione del FuoriSalone, che ha avuto oltre 240mila visitatori. E poi sbarcano nell’antica Mozia, sull’isola siciliana di San Pantaleo, e nel cuore della Capitale, ai Fori Imperiali di Roma dove, nel 2018, il grido di aiuto della Terra si fa ancora più potente: la parola “HELP”, composta da milioni di tappi di plastica ingabbiati in involucri di metallo illuminati, si fa ferita aperta e sanguinante sulla superficie del nostro pianeta. Una ferita che abbiamo inferto noi, e che sta a noi cercare di guarire.
E l’importanza e la potenza innovativa ed artistica di HELP The Ocean non è certamente passata inosservata: un frammento di quest’opera monumentale ha trovato posto nella collezione di Arte Contemporanea del Quirinale, accanto ad opere di autori del calibro di Burri, Fontana, Pomodoro. La vena artistica di Cristina e il suo impegno a favore dell’ambiente le sono valse, recentemente, l’onorificenza dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
Che va ad aggiungersi ai numerosi premi di cui è stata insignita negli anni, fra cui la Mela d’Oro del premio Marisa Bellisario, conferito a “Donne ad alta quota”, il premio Angi che promuove le eccellenze fra gli innovatori italiani, il premio R.O.S.A. del Canova Club.
Ma Cristina vola alto e aspetta anche un ultimo premio: che il suo farsi portavoce della tutela dell’ambiente porti ad azioni concrete da parte di tutti, delle istituzioni come di noi, semplici abitanti di un pianeta malato, per una virata, culturale ed effettiva, verso una consapevolezza globale della necessità di cambiare le nostre abitudini per preservare la nostra casa, la nostra stessa vita.
L’incredibile percorso di Cristina non si ferma qui: prima di salutarci mi svela per grandi linee che in futuro il suo impegno artistico e sociale prenderà anche altre strade, diverse ma ancora una volta, in sintonia col problema specifico dell’uso e dell’abuso della plastica. Il grido d’aiuto della Terra, una Terra da lei così umanizzata, l’ha infatti portata ad una riflessione di più ampio respiro, incentrata sull’essere umano e sulla necessità di rivedere la relazione che abbiamo con il profitto, troppo spesso messo in primo piano rispetto al benessere delle persone. Dalla ricerca artistica sulla dimensionalità come concetto fisico e metafisico, Cristina ci conduce in modo originale e innovativo a una riflessione più ampia sullo spazio che occupiamo sul nostro pianeta, sulla relazione che abbiamo con quello che ci circonda e, in definitiva, con noi stessi.
E che Cristina, come mi ha detto, abbia sempre avuto, come faro, l’amore per i propri figli, spiega anche la potenza del messaggio che ha voluto mandare al mondo: è a loro che lasciamo il nostro pianeta, a persone che amiamo, lasciamoglielo migliore di come l’abbiamo trovato.
Che questo messaggio non cada nel vuoto: adoperiamoci tutti perché, un giorno, il Garbage Patch State sia soltanto un ricordo.
Per chi volesse conoscere meglio Maria Cristina Finucci:
Lo stato di spazzatura all’Onu
Lavinia Coppola De Nicolo
Dottore commercialista e revisore contabile, lascia Napoli e la professione per seguire il marito funzionario diplomatico in giro per il mondo. Mamma di due ragazze, appassionata di sport (equitazione in particolare) di musica, di cinema, di arti figurative e accanita lettrice, è membro del Coro ACDMAE e del Direttivo con la carica di tesoriere.
M.Cristina è stata per me una sorpresa on the move: conosciuta a Parigi come architetto (ha restaurato il nostro appartamento) rivista a Roma pittrice e poi performer, riscoperta a Parigi come Capo del Garbage Patch State, da qui poi ha preso il via la sua sua carriera internazionale. In più, consorte di Ambasciatore, madre e nonna di una bellissima famiglia. Evviva Cristina!!!