di Maria Rosaria Gallo Colella
Quando con mio marito abbiamo iniziato ad organizzare il nostro viaggio in Ecuador non pensavamo certo che il paese avrebbe vissuto, da lì a poco, la crisi di sicurezza nazionale di cui avremmo ben presto letto sui giornali: iniziata con una rivolta nel carcere di Guayaquil, la protesta si era poi estesa alla capitale e ad altri centri minori, con violenze diffuse e attacchi alle forze di polizia.
Pian piano però sono arrivate notizie più confortanti: la polizia aveva ripreso il controllo della città e il coprifuoco stava contribuendo a ripristinare la calma. E, poi, il nostro programma prevedeva solo qualche giorno nella capitale e una breve tappa a Guayaquil; il resto del viaggio l’avremmo trascorso in giro tra le isole Galapagos a bordo di una nave da crociera norvegese, soluzione che ci faceva sentire abbastanza tranquilli.
Arrivati a Quito abbiamo subito cercato una guida per poter visitare la città in sicurezza, evitando i luoghi più rischiosi; Ed ecco la prima sorpresa: malgrado lo schieramento di polizia in ogni angolo, abbiamo scoperto una città fantastica, allegra e colorata, con chiese e monumenti ben conservati e piazze caratteristiche affollate di famiglie in abiti tradizionali e venditori di llapingachos e choclos con queso, il tipico cibo da strada, da consumare seduti sul marciapiede.
Ogni incrocio si apre su un cortiço dove degustare profumato caffè; una consunta scala di pietra conduce ad un terrazzino dal quale ammirare le dolci colline che compongono la struttura della città, vivacizzate dalle coloratissime costruzioni tipiche dell’architettura popolare andina.
In piazza San Francesco, un anonimo portone nasconde una cioccolateria dove giovani del posto, preparati ed entusiasti, spiegano ogni passaggio della lavorazione necessaria per arrivare dal frutto del cacao alla tavoletta di cioccolato, che viene poi impreziosita da vari ingredienti locali, fino alla degustazione di unaprofumatissima tazza di cioccolata, a tutti gli effetti bevanda nazionale. Bisogna avere pazienza, però: il proprietario si riserva il diritto di ammettere o meno alla sua torrefazione il turista che suona il campanello di questo posto tanto magico quanto nascosto.
Quito conserva una ricca eredità culturale, frutto dell’incontro tra la civiltà Inca e quella spagnola; le bellezze paesaggistiche e artistiche si fondono alla possibilità di condividere l’esperienza meramente turistica insieme alla gente del posto, sempre disponibile ad una spiegazione, un aiuto, a bere con il forestiero una tazza di caffè.
Un’esperienza memorabile è la visita al complesso monumentale del Convento de la Recoleta de San Diego. Una guida dall’apparenza ultracentenaria ci ha “traghettato” lungo gli infiniti corridoi del convento e tra gli affreschi della chiesa seicentesca, aprendoci varchi e portoni misteriosi, scegliendo sapientemente la chiave giusta da un enorme mazzo che pendeva dalla sua cintura.
Quando la vispa donnetta ci ha invitato a scendere nell’ angusta cripta e ha chiuso la pesante porta alle nostre spalle per meglio cogliere, a suo dire, l’atmosfera che si respirava tra le tombe monumentali, ho pensato con timore che la gentile signora non dovesse essere del tutto estranea ai sinistri scricchiolii e agli incomprensibili rumori di passi che ci avevano accompagnato in tutto il percorso.
Riconquistata l’aria aperta e la libertà, cominciamo a vivere realmente il quotidiano in città: scopriamo così un’efficientissima metropolitana, nuova e ben progettata, orgoglio e meraviglia dei locali che si divertivano a fotografare i treni in arrivo; e ci abbandoniamo alla bellezza di una passeggiata tra le stradine erte che conducono a panorami mozzafiato: Quito gode infatti di un posizionamento geografica unico, ai piedi delle Ande.
Trascorriamo i giorni successivi in giro per la città, senza farci mancare un’escursione all’ imponente vulcano Cotopaxi e ad una tipica hacienda locale, prima di iniziare la nostra crociera nell’ arcipelago naturalistico delle Galapagos.
Conosciuti in hotel i nostri nuovi compagni di viaggio, in meno di un’ora di volo atterriamo all’ aeroporto di Baltra, sull’isola di san Cristobal, la più grande delle isole che compongono l’arcipelago delle Galapagos.
Al porto, la Santa Cruz II aspetta i suoi passeggeri; di aspetto spartano, ma confortevole, la nave ‘adventure’accoglie almeno un centinaio di persone, oltre alle guide e al numeroso personale di bordo. Il tempo di prendere possesso della cabina e siamo chiamati per il pranzo: i pasti si svolgeranno sempre ad orari prestabiliti e in tavoli comuni per permettere ai passeggeri di varie nazionalità di conoscersi e formare i primi gruppi. Gruppi che si rivelano da subito indispensabili perché ad ognuno viene dato un nome – quello di uno dei “Fab Fifteen”, le 15 specie animali che popolano le isole – e una guida che lo accompagnerà nelle differenti escursioni.
La partenza in piccole barche è sempre preceduta da una dettagliata spiegazione sul tipo di camminata e sulle condizioni che ci troveremo ad affrontare: ci rendiamo conto immediatamente di quanto importante sia essere adeguatamente preparati, per evitare di dover fare una discesa “bagnata” con scarponi da montagna o una “a secco” sulle rocce delle spiagge più brulle, muniti esclusivamente di ciabatte e pareo.
Le guide ci aiutano soprattutto a riconoscere le varie specie da avvistare e la maniera di approcciarsi ad una flora e fauna tanto esuberanti quanto delicate.
Gli animali sono dappertutto: vivono indisturbati nell’ecosistema che gli è più congeniale e il visitatore è tenuto a rispettare la loro tranquillità e rendere quanto più discreta possibile la propria presenza, osservando, e fotografando, senza disturbare.
Le isole sono perlopiù brulle e si può dire che in ognuna di loro prevale una specie animale: a Ilha Isabela siamo stati circondati da leoni marini, giocherelloni e invadenti; sbarcando a Santa Cruz abbiamo inseguito silenziosamente le enormi e lentissime tartarughe; le spiagge di Seymour erano invase da iguane di mare e di terra che si crogiolavano al sole.
Le escursioni si sono susseguite al ritmo di tre o quattro al giorno, sempre precedute e accompagnate dalle attente spiegazioni delle guide.
La visita al Museo Charles Darwin ha completato la nostra esperienza, con l’approfondimento delle teorie del grande scienziato, primo divulgatore della complessità naturalistica specifica dell’arcipelago e della necessità di conoscerlo e preservarlo.
Al termine della settimana abbiamo visitato la maggior parte delle isole e avvistate quasi tutte le specie animali presenti: di terra, di mare (anche grazie a pratiche imbarcazioni col fondo trasparente) e i numerosissimi uccelli.
Lasciata la nave trascorriamo l’ultima giornata a Guayaquil, un’altra città tornata sicura esser stata toccata dalle proteste. E qui visitiamo la Chiesa di San Francisco e il centro della città, per poi trascorrere la serata al Malecon 2000, imponente opera di recupero di un antico porto degradato oggi diventato parco pubblico. Piccoli caffè e ristoranti tipici richiamano in folle di equadoregni, felici di poter godere di quest’angolo di spensierata tranquillità.
Maria Rosaria Gallo Colella
Napoletana di nascita e temperamento, si è laureata presso il prestigioso Istituto Orientale della città partenopea. Le lingue le ha poi praticate accompagnando il marito all’estero e seguendo le avventure scolastiche dei loro cinque figli.
Ha vissuto a Belo Horizonte, New York, Brasilia e Ginevra. Dalla nuova sede, Oslo, ha la “pretesa” di continuare a seguire le sorti della rivista, oltre che gli itinerari universitari dei figli sparsi per l’Europa!