di Susanna Bonini Verola e Lavinia Coppola De Nicolo
Nel 1627 fu pubblicato “L’Ambasciatore” di Gasparo Bragaccia, manuale di teoria e pratica diplomatica rivolto alla “Gioventù, così di Repubblica, come di Corte, che pretenda di salire a’ gli honori et principali dignità. Opera divisa in libri sei. Nella quale si hanno avvertimenti politici, et morali per gli ambasciatori, et intorno quelle cose, che sogliono accadere all’Ambasciarie”
La Repubblica di Venezia fu antesignana dell’arte della diplomazia moderna e delle sue complesse interconnessioni. “Era il 1436 – ricorda Gian Nicola Pittalis in “I segreti della diplomazia veneziana” – quando la Serenissima apre a Roma la prima ambasciata nel mondo, a Palazzo Venezia … Occorreva un’ottima rete diplomatica per garantire commercio e potere. E Venezia per secoli è stata maestra di contatti, cultura e spionaggio”. Per rendersene conto, basta sfogliare un altro interessante volume – “Le relazioni degli Stati Europei lette al Senato dagli Ambasciatori Veneziani nel Secolo Decimosettimo” – di Guglielmo Berchet, e trarne l’unica possibile conclusione: la diplomazia è cosa ben diversa, e lo è sempre stata, da quelle attività mondane e per certi versi frivole con cui, erroneamente, viene ancora ogni tanto identificata. “L’arte di accordare il mondo” – come la battezzò un grande diplomatico italiano, il compianto Boris Biancheri – in altre parole, la capacità di ricomporre i contrasti su scala planetaria – richiede doti specifiche e, soprattutto, una solidissima preparazione. Poco importa se la digitalizzazione e l’interconnessione globale hanno stravolto i metodi di “produzione” della politica estera: come sosteneva l’ex Segretario Generale della Farnesina, “oggi la validità della diplomazia è rafforzata perché, per essere presenti nel mondo, occorre anzitutto sapere che cosa le varie comunità nazionali vogliono, a cosa ambiscono, qual è la loro storia e la loro cultura, e cercare, attraverso compromessi sempre più difficili da raggiungere, di contemperare i diversi obiettivi”.
La “gioventù” che intende intraprendere questa carriera oggi, a maggior ragione, deve far propri una serie d’insegnamenti specifici, che devono necessariamente aggiungersi a un ricco bagaglio di cultura e conoscenze personali. Un’adeguata preparazione è la conditio sine qua non per aumentare le proprie chance di superare la durissima selezione concorsuale: cinque prove scritte, incluse quelle in lingua straniera, e una impegnativa prova orale che, a sua volta, è anticipata dal temutissimo “quizzone”, il test di logica, storia e cultura generale con cui si filtrano un centinaio di candidati idonei a tentare le prove successive.
Arrivare “a’ gli honori et principali dignità”, insomma, implica superare brillantemente un vero e proprio percorso a ostacoli.
Gasparo Bragaccia, se fosse in vita, dovrebbe riconoscere che dell’antica ars diplomatica veneziana sono rimasti giusto i fini ultimi: il conseguimento della pace tra i popoli, il perseguimento del bene, l’onore per il servizio al Paese che si rappresenta. E che il suo manuale di teorie e pratica potrebbe solo servire a titolo di cultura storica e personale.
Dal secolo scorso, infatti, sono piuttosto i grandi atenei universitari a essersi “aggiudicati” il monopolio della formazione delle future leve diplomatiche. Pensiamo alla “Cesare Alfieri” di Firenze, la prima scuola di scienze sociali nata nel 1875 per formare la classe dirigente del nuovo stato italiano post risorgimentale, e considerata fino alla fine degli anni ’80 una “fabbrica” di feluche (in media formava ogni anno il 60% dei diplomatici della Farnesina). Solo un manipolo di atenei di grande reputazione – La Sapienza di Roma, la Ca’ Foscari di Venezia, l‘Orientale e la Federico II di Napoli – provava a contenderne il primato.
Negli ultimi vent’anni, tuttavia, altre realtà universitarie si sono imposte nell’offrire percorsi formativi mirati alla carriera diplomatica. Di conseguenza, sempre più funzionari provengono da università che hanno una tradizione meno consolidata ma non per questo meno valida al raggiungimento dello scopo: un posto da segretario di legazione in prova. Atenei come la Bocconi di Milano, Roma Tre, l’Alma Mater Studiorum di Bologna e Luiss di Roma, fra gli altri, hanno preparato con successo studenti che oggi sono di ruolo al Ministero degli Esteri.
In questo nuovo scenario spiccano, in particolare, i numeri della Libera Università Internazionale degli Studi Sociali (Luiss) Guido Carli: da ateneo a principale vocazione economica e di business, oggi figura tra quelli che annualmente “sfornano” la maggior parte dei neo funzionari, con ben 80 ex allievi entrati in carriera dal 2003 ad oggi. Una “leadership” confermata, a marzo, dall’ingresso tra i migliori 50 atenei al mondo per gli Studi Politici e Internazionali, in base alle rilevazioni del QS World University Rankings by Subjects 2021. Per il Rettore Andrea Prencipe, un “giusto riconoscimento” per gli investimenti compiuti in campo di innovazione e di internazionalizzazione del corpo docente. Dalle aule di viale Romania, d’altronde, provengono anche due alumni di primo piano come Elisabetta Belloni e Giampiero Massolo, entrambi già Segretari Generali della Farnesina, a testimonianza della qualità della preparazione fornita da quest’ateneo.
“Luiss – evidenzia Raffaele Marchetti, Delegato del Rettore per le Relazioni Internazionali – ha consolidata da molti anni una particolare attenzione alla formazione dei nostri futuri diplomatici. Come università di scienze sociali con una grande propensione all’internazionalizzazione, l’ateneo è ottimamente posizionato per fornire la migliore preparazione al concorso per il MAECI”.
Anche chi, agli Esteri, segue da vicino la formazione delle nuove leve non è stupito del fatto che tanti giovani funzionari provengano dall’ateneo romano in quanto Luiss, dopo la formazione universitaria offre anche il corso di preparazione al concorso (quindi il ciclo completo) mentre SIOI e ISPI, non essendo università, offrono solo corsi, ancorché ottimi, di preparazione al concorso.
Dopo la riforma dei cicli universitari che ha abolito le lauree quadriennali, per accedere al concorso è richiesto il compimento del cosiddetto 3+2 ovvero la laurea triennale più quella specialistica. Per quanto non sia obbligatorio, il conseguimento di un Master o di un Corso per la preparazione delle materie concorsuali è sicuramente auspicabile. I corsi, in particolare, osservano alla Farnesina, “sono estremamente utili perché insegnano a scrivere come ormai all’università non si fa più, e le prove scritte sono effettivamente lo scoglio più duro del concorso”. Anche quest’anno, solo due ragazzi (su 31) sono riusciti a superare la selezione senza bisogno di una formazione post-universitaria mirata: un piccolo 5%, in linea con la percentuale di candidati che accedono alla carriera senza il “plus” del corso che si registra in media ogni anno.
Numeri alla mano, scopriamo che su 31 vincitori dell’ultimo concorso (2020) 29, cioè il 95%, ha frequentato i corsi di preparazione offerti da SIOI (13), ISPI (13) e Luiss (3). Dieci candidati avevano in curriculum una laurea della Luiss, tre della Bocconi. A seguire, altri singoli laureati da università di tutta Italia: Cattolica e Statale di Milano, Bologna, Messina, Cagliari, Torino, Trento, Pavia, Padova e gli altri due atenei romani, La Sapienza e Lumsa.
Per quello che riguarda, invece, le facoltà di provenienza, la distribuzione è più omogenea e, per così dire, in linea con la “tradizione”: i diplomatici in prova hanno frequentato per lo più giurisprudenza, scienze politiche e relazioni internazionali, mentre sono ancora minoritari i diplomatici laureati in economia e commercio o in altri campi.
“Il funzionario diplomatico di oggi, sottolinea ancora il prof. Marchetti, deve conoscere le materie concorsuali di base – diritto, economia, storia e le due lingue – ma deve anche saper coniugare la conoscenza degli affari internazionali con capacità manageriali e spirito di risoluzione dei problemi, in un contesto in profonda mutazione e di grande complessità. È poi necessario spirito di servizio perché si è chiamati a rappresentare il nostro Paese e a servirlo”. Uno spirito che era ben presente anche nelle Ambasciarie veneziane, in tempi in cui la strada agli honori era meno complessa e “nascer bene” rappresentava un’indubbia corsia preferenziale.
Oggi invece le strade che portano al concorso sono più diversificate (e democratiche) di un tempo, ma il candidato può tentare di realizzare il suo sogno al massimo tre volte, sempre che non abbia superato il limite di età dei 35 anni.
“Tra luci e ombre, il concorso resta comunque un valido strumento di selezione e le condizioni poste per accedervi non danneggiano in alcun modo gli studenti più meritevoli”, chiarisce subito un funzionario degli Esteri che conosce bene il sistema.
Certo, in gioco, come in ogni cosa, entra anche il fattore fortuna, ma il concorso, proprio come la maratona – una sfida contro se stessi che mette duramente alla prova le capacità individuali – regala a tutta la carriera un “imprinting” meritocratico indelebile.
Occhio quindi a prepararlo al meglio, magari dopo aver frequentato una buona università, perché a detta di chi la sua maratona iniziale l’ha già vinta, “se sei bravo, alla fine, entri a prescindere”.
Susanna Bonini Verola
Ha vissuto a Parigi, dove ha terminato gli studi in Scienze Politiche, Bruxelles e Washington. Giornalista professionista e TV Producer, ha lavorato nelle trasmissioni di approfondimento di RaiNews24-Rai 3 e per i notiziari Tv di Euronews (Lione). Dopo varie collaborazioni con radio e magazine, approda ad Adnkronos con cui lavora per oltre 10 anni. Rientrata a Roma, ha ripreso a lavorare come freelance per Euronews ed allacciato una nuova collaborazione con il periodico “Fortune Italia”. Dal 2017 coordina Altrov’è e oggi e’ vicepresidente ACDMAE.
Lavinia Coppola De Nicolo
Dottore commercialista e revisore contabile, lascia Napoli e la professione per seguire il marito funzionario diplomatico in giro per il mondo. Mamma di due ragazze, appassionata di sport (equitazione in particolare), di musica, di cinema, di arti figurative e accanita lettrice, dal 2017 è membro del Direttivo ed è stata riconfermata in un terzo mandato nella carica di tesoriere.