di Fabiana De Vincenzi
La società sta cambiando rapidamente. La facilità degli spostamenti e l’ubiquità tecnologica che ci consente una costante connessione, anche con i nostri affetti, hanno di fatto aperto la porta a nuove possibilità: seguire il partner che si trasferisce per lavoro, allontanarci dai genitori anziani o accettare un incarico a 800 km dalla nostra residenza sono diventate opzioni reali. Questa flessibilità, insita in chi è costantemente alla ricerca di nuovi stimoli, è ormai richiesta anche nel mondo del lavoro e sta cambiando il nostro modo di abitare. Si parla di un “nuovo nomadismo”, accolto positivamente già da alcuni Stati come l’Estonia, che con la e-Residency (la residenza elettronica) ha introdotto il concetto “ovunque sei, abiti”. Questa onnipresenza amministrativa rappresenta una risposta ai problemi burocratici, ma l’idea di dimora come pausa tra uno spostamento ed il successivo porta con sé altri cambiamenti che riguardano il nostro spazio privato e il nostro personale modo di abitare: la casa non è più “unica” ne’ definitiva, ma sempre più spesso presa in affitto e di dimensioni più contenute perché ci servirà per un breve/medio periodo. Gli oggetti che la popolano hanno attratto molti designers che in questi anni si sono dedicati all’ideazione di arredi facilmente trasportabili che si adattassero a questo nuovo vivere. Sono nati manuali di autocostruzione di mobili in cartone (Anna Cottone “ Manuale del design nomade” ed. Grafill) ma anche sistemi di arredo completo in tubi e tessuto ispirati a quelli delle antiche popolazioni nomadi (“Itaca” di Elena Bompiani, “Lynko System” di Natalia Geci, “Arara Nomade” di Freisleben+Pedrini).
In un caso è avvenuto invece l’opposto, cioè che sia stata un’azienda ad invitare alcuni progettisti a confrontarsi con il tema del nomadismo e che i risultati siano stati così interessanti da diventare una presentazione annuale in occasione del Fuorisalone di Milano, un appuntamento al quale non si può mancare. Stiamo parlando di Louis Vuitton, una Maison che ha il viaggio nel suo DNA e che dal 2012 ha dato vita ad una linea di mobili, Objets Nomades appunto, che si arricchisce costantemente. Creatività, funzionalità, innovazione sono le caratteristiche degli ottanta pezzi ad oggi magistralmente realizzati grazie ad un savoir-faire consolidato e a professionisti di fama internazionale. Personali interpretazioni del viaggio, tutti gli oggetti hanno degli elementi in pelle, come da tradizione. Così sono nati, tra gli altri:
– “Mandala”, dello studio trevigiano Zanellato+Bortotto, una quinta scenografica più che mero separé, progettata per creare maggiore intimità ma così ipnotica da diventare punto focale in qualsiasi ambiente;
– “Talisman Table” di India Mahdavi, un side-table il cui piano, composto da 112 ritagli di pelle, si solleva per essere facilmente trasportato insieme al suo piede che, all’occorrenza, si richiude a libro;
– “Concertina Chair” di Raw Edges, una sedia-fiore, immagine stessa del marchio Vuitton, che sembra uscita da una fiaba per bambini ma che nasconde invece una grande complessità di progetto che la rende, come tutti gli “Objets Nomades”, adatta agli spostamenti.
Da questi pochi esempi risulta chiaro che “nomade” non implica necessariamente l’essere spartano. Questi arredi progettati con cura e realizzati con materiali di valore hanno piuttosto “un qualcosa in più” rispetto ai loro fratelli tradizionali: l’ispirazione che li ha prodotti e la trasportabilità. E così, anche quest’anno, Milano ha acceso i suoi riflettori sui nuovi pezzi dell’acclamata collezione consacrandone ulteriormente il successo. A giudicare dai numeri, dall’interesse e dallo spazio mediatico a loro dedicato “gli oggetti nomadi” sono senz’altro un fenomeno in crescita. E non potrebbe essere altrimenti, perché spostarci, in fondo, ci piace e oggi siamo in tanti a farlo.
Fabiana De Vincenzi
Dopo la laurea in Architettura a Napoli si trasferisce con il marito a Sarajevo dove collabora con lo studio Grupa Arh e tiene lezioni sull’architettura italiana all’Università di Banja Luka. A Vienna segue corsi di specializzazione in Building Science and Technology alla TU Wien e lavora come designer di arredi, luci e gioielli. Al rientro a Roma collabora con lo studio Bevivino & Partners per quattro anni. Dal 2016 lavora in proprio dedicandosi all’ambito residenziale. E’ iscritta all’Ordine degli Architetti di Roma dal 2013.