di Pucci Biffi Rastrelli e Susanna Bonini Verola
Le sfide globali per il settore della Moda al centro di una riflessione all’auditorium del Museo Maxxi, dove dal 10 al 12 settembre si sono svolti i “Fashion Colloquia”, primo appuntamento internazionale di spicco nel calendario capitolino della “rentrée”.
Comunicare, scambiarsi pareri, condividere nuove strategie di mercato e trovare risposte adeguate alle sfide del presente “è una necessità sempre più profonda”, ha esordito Alberto Lupo Lanzara, vicepresidente di Accademia Costume & Moda dando il benvenuto al folto parterre. Se quest’anno, per la primissima volta, i “Colloquia” sono sbarcati a Roma lo si deve infatti al coinvolgimento in prima linea della prestigiosa ACM e a un tema senz’altro in sintonia con una Capitale che è culla della cultura e della moda italiana: “Disrupting fashion, from yesterday’s heritage to tomorrow’s future”, un invito a indagare su come storia e tradizione possano diventare strumenti per resistere su mercati sempre più difficili da conquistare e per interpretare brillantemente la sfida globale della sostenibilità.
L’idea di portare sotto i riflettori uno dei settori più dinamici dell’industria fu lanciata nel 2011 dai grandi Istituti di Moda della quattro capitali delle Fashion Weeks: Milano, Londra, Parigi e New York. L’obiettivo era di calamitare l’attenzione sul valore del pianeta “Moda” e su ciò che rappresenta a livello globale. E l’iniziativa divenne subito di grande richiamo, non solo per il mondo accademico (presenti anche quest’anno una ventina d’Istituti di moda tra i più prestigiosi del mondo) ma per i grandi brand, i media specializzati e gli appassionati del “Fashion System” e gli stilisti. Lingua ufficiale del simposio, ovviamente, l’inglese per dar modo a tutti di cogliere un’occasione unica di ascoltare personaggi del Fashion System che oggi sono “avvicinabili” solo in rete e di comprendere un’industria che non solo deve restare al passo coi tempi, ma anticiparne il cambiamento. Quello del tessile-abbigliamento è anche uno dei settori industriali più fortemente in crescita. Nonostante le ripetute crisi, negli ultimi vent’anni la domanda mondiale di moda è cresciuta mediamente di oltre il 5% annuo, complice il fenomeno del “fast fashion” (che punta su quantità a discapito di qualità) l’imporsi dei social networks, quindi di comportamenti orientati al consumo veloce del vestito, e di aziende particolarmente aggressive, che delocalizzano la produzione nei mercati emergenti per tagliare i costi. E in futuro? La domanda di vestiario e accessori non può che continuare a crescere ma non è detto che il consumo globale sarà sempre “cheap” e sfrenato.
Se, da una parte, è vero che la popolazione mondiale continua a crescere e quindi il mercato della moda fara’ lo stesso, dall’altra e’ fuor di dubbio che proprio il modello di business low-cost sarà sempre più contestato per via della maggiore attenzione ai temi della sostenibilità ambientale e sociale dei prodotti e dei processi produttivi. Temi con i quali anche il mercato del lusso – segmento in cui il nostro Paese è particolarmente forte – deve fare i conti. Proprio l’Italia, con la sua Storia, il suo know-how e l’eccellenza dei suoi prodotti oggi ha buon titolo per insegnare qualcosa al mondo. E’ successo anche durante il simposio romano, dove si sono alternate presentazioni più tecniche a panel discussions di grande valore aggiunto: per esempio su come innovare il prodotto partendo da una forte tradizione artigianale, su come applicare le nuove tecnologie al design, sui criteri che dovrebbero continuare a guidare i processi di talent scouting ai tempi dei social media e su come integrare una dimensione “green” e socialmente consapevole nelle strategie di un’azienda e nella costruzione della sua immagine.
Se fino a qualche anno fa il modello “Made in Italy” – qualità, savoir faire, eccellenza – sembrava appannaggio di pochi fortunati, oggi l’imporsi in Europa e Usa (i più grandi mercati per la moda) di una clientela sempre più consapevole delle problematiche socio-ambientali chiede a nuovi e vecchi brand l’adozione di altri comportamenti. Il futuro della moda, insomma, “o sarà sostenibile e sempre improntato alla ricerca e all’innovazione, o non sarà”, come ha brillantemente sintetizzato Sara Sozzani Maino, deputy editor di Vogue Italia e capofila del progetto Vogue Talents a supporto dei nuovi talenti. “La storia e la tradizione del Made in Italy sono pesanti e conosciute in tutto il mondo, ma non si può riposare sugli allori – ha infatti avvertito – bisogna far conoscere il nostro passato a tutti ma sapendo guardare avanti e continuando a innovare”. In questo crede fermamente anche la Camera Nazionale della Moda Italiana rappresentata ai Fashion Colloquia dal suo Presidente, Carlo Capasa, secondo cui proprio la sostenibilità rappresenta oggi la leva competitiva per il consolidamento della leadership italiana.
Sostenibilità e Instagram spiegano anche un altro fenomeno che vede il nostro Paese in prima linea: il “boom” del mercato di seconda mano ovvero, come ha sottolineato più elegantemente Antonio Mancinelli, senior editor di Marie Claire Italia, del vestito e dell’accessorio “pre-owned”. Una volta era un passatempo snob, un vezzo per i cultori del “pezzo unico”, oppure – negli anni ‘60/’70 – la scelta preferita dagli hippy, oggi l’usato è soprattutto un business in rapida crescita perché risponde alla domanda di qualità, di guardaroba super fornito e di rispetto per l’ambiente (non butto via, riciclo!)
Studi di settore confermano che questo mercato tra dieci anni varrà globalmente più del Fast Fashion: 64 miliardi per il primo e 44 miliardi per il secondo. Grazie alla rete (Instagram soprattutto) gli italiani figurano già tra i rivenditori più attivi a livello mondiale, mentre i brand storici del nostro Made in Italy sono tra i più gettonati del pianeta, sia per numero di pezzi usati in circolazione, che per valore della merce rimessa sul mercato. Basti pensare al successo delle vendite di accessori vintage firmati Gucci, a partire dalle celebri e intramontabili borse, forse superate solo da capi e accessori “second hand” di Chanel.
Le ragioni di questo boom? Una volta non si produceva quantità ma qualità, cioè capi immortali e sempre di moda. E al Maxxi è stata l’elegantissima Giovanna Gentile Ferragamo, figlia del fondatore e oggi vicepresidente dell’omonima ditta, a indicare la ricetta per l’immortalità di un brand: “qualità dei tagli, qualità dei tessuti, savoir-faire”.
A chi produce moda in serie, anche più di sei collezioni l’anno, a prezzi stracciati e vendendo online a costo zero si risponde producendo un prodotto di qualità elevatissima, di stile e senza tempo, facendo capire alla propria clientela che quell’acquisto è un investimento di lungo periodo: non il vestito o l’accessorio di una stagione ma qualcosa il cui valore crescerà nel tempo. Un messaggio che è stato condiviso da altri grandi del Fashion System intervenuti al Maxxi: dal numero uno di Pitti Immagine, Raffaello Napoleone, a Valerie Steele direttrice del Museo del Fashion Institute di New York e a Michelle Tolini Finamore, curatrice del Museum of Fine Arts di Boston.
E allora il simposio di Roma ci ricorda ancora una volta che dobbiamo rispettare il nostro Pianeta, sì, ma sempre e comunque partendo dal nostro passato perché solo studiandolo, conoscendolo e facendolo proprio si potrà capire – come insegnava Confucio – il futuro. E cavalcarlo.
Pucci Biffi Rastrelli
Consulente, ha lavorato in ogni “approdo” del marito diplomatico, e anche a Roma. Ha allestito mostre di Alto Antiquariato per la Fiera di Vicenza, ha collaborato alla creazione dell’ufficio romano di Franco Maria Ricci e ha curato le pubbliche relazioni del Designer Cleto Munari. Nel 2017 lancia con l’ACDMAE l’International CineFestival, un’iniziativa che tuttora porta avanti a nome dell’Associazione.
Susanna Bonini Verola
Ha vissuto a Parigi, dove ha terminato gli studi in Scienze Politiche, Bruxelles e Washington. Giornalista professionista e TV Producer, ha lavorato nelle trasmissioni di approfondimento di RaiNews24-Rai 3 e per i notiziari TV di Euronews (Lione). Dopo varie collaborazioni con radio e magazine, approda ad Adnkronos con cui collabora per oltre 10 anni. Rientrata a Roma, ha ripreso a collaborare con Euronews ed è coordinatrice di questo Notiziario.