di Maria Giovanna Fadiga Mercuri
Ambasciatrice: “Titolo che si dà alla moglie di un ambasciatore”. Così recita il lemma del Tommaseo. Il Dizionario della Lingua Italiana parla chiaro. Così il Vocabolario della Crusca, la Treccani e tanti altri documenti.
La nostra lingua è -a detta di tutti- fantasiosa ma equilibrata; ha una sorprendente capacità poietica (e forse anche poetica) e rigenerante: quando manca un termine, lo crea o lo prende a prestito, trasformandolo da altre aree semantiche. Dobbiamo ricordare anche che, derivando dal latino, l’italiano ha supplito la perdita del genere neutro con l’uso di termini identificativi grazie all’articolo. Abbiamo quindi un autista o un’autista, un geometra o una geometra, uno chef o una chef. E così via.
Diverso è il caso in cui si è verificata la nascita del gemello femminile di una parola maschile. E qui viene fuori tutta la forza della “mascolinità” dell’italiano, che attribuisce il ruolo primario al termine maschile, appunto (cfr. “Signori e Signore”, “bambini e bambine”, non l’opposto). Ammettiamolo: un cuoco non è una cuoca, personaggio più domestico nell’immaginario collettivo. Un Maestro non è una maestra. Un sarto non è una sarta. E così via.
Infine, una terza categoria riguardante le professioni ha “doppiato” i mestieri: portinaio-portinaia, professore- professoressa, dottore-dottoressa. Ora siamo all’assurdo lessicale: ministro-ministra, presidente-presidenta. Ahi.
Ma non …ambasciatore – ambasciatrice, perché la parola esiste già per indicare un lavoro diverso.
Quello di ambasciatrice è un altro mestiere, ben preciso, di appannaggio solo femminile, con regole, valori, privilegi e limiti chiarissimi. Noi…lo sappiamo bene!! La nouvelle vague rosa della linguistica non può perciò “femminilizzare” ambasciatore: e allora la funzione del consorte di queste nuove capomissione? Ambasciatricio? Terribile! Eppure, anche per i loro consorti dovranno pure trovare un nome…
E se la risolvessimo … con un bacio? Cyrano ci può aiutare: come un bacio è l’apostrofo rosa fra le parole “t’amo”, così l’apostrofo potrebbe essere il segno distintivo del femminile o del maschile.
Avremmo dunque un architetto e un’architetto (“architetta” è già un’azione verbale, peraltro poco consigliabile), un’autista, un’ingegnere e un’ambasciatore!
Con il vantaggio che tutti rispolvereremmo la grammatica e salveremmo la lingua, con buona pace delle recenti mutazioni anacronistiche e dei tentativi di omologazione meramente lessicale.
Maria Giovanna Fadiga Mercuri
Nata a Bologna, filologa latina e greca, ha vissuto da umanista convinta nelle varie sedi (dalla Corea del Sud al Regno Unito, dalla Germania al Belgio, dagli Stati Uniti nuovamente in Corea del Sud e questa volta anche del Nord), svolgendo attività di studio e di ricerca nel settore di formazione. Appassionata di lingue antiche e moderne, attualmente insegna a Roma. È Membro del Consiglio Direttivo, si occupa di attività culturali.