… le parole tra noi leggere cadono.
Ti guardo in un molle riverbero. Non so se ti conosco; so che mai diviso fui da te come accade in questo tardo ritorno. Pochi istanti hanno bruciato tutto di noi: fuorché due volti, due maschere che s’incidono, sforzate di un sorriso.
Questa volta parto dal titolo della mia rubrica Le parole tra noi leggere. Sono stata appena stimolata a dare una spiegazione della sua genesi e fino a ieri ero pronta ad un’elaborata esegesi motivazionale, ma oggi -inconsciamente- non riesco a trovare parole migliori di quelle degli stessi versi che mi hanno ispirato a suo tempo. Le ho rubate ad Eugenio Montale e sono contenute nella parte finale della poesia “Due nel crepuscolo”.
Le rileggo oggi, in silenzio, e con un diverso animus. Sono un balsamo, adesso, le parole leggere. Lo abbiamo provato tutti questo silenzio, nei momenti appena trascorsi che speriamo di esserci lasciati alle spalle. I giornali lo hanno definito senza troppa originalità retorica, “assordante”: è sorprendente come nei momenti critici ci si riduca a dei parametri essenziali per giustificare la realtà e si ricorra alla sua percezione con i cinque sensi primordiali. In questi pochi versi di Montale uniamo l’udito alla vista e da questi scaturisce la conoscenza o meglio la non-conoscenza (non so se ti conosco). Non sappiamo, in effetti, in questi giorni, cosa accadrà, come sopravviveremo e come diventeremo. Gli auspici vogliono un mondo migliore e noi, che viviamo ora trascinando un affanno senza azioni siamo davvero coscienti che pochi istanti hanno bruciato tutto di noi. Ci aspetta una crisi economica su scala mondiale, un probabile sovvertimento dell’ordine collettivo ed un mutamento imprevedibile di tantissimi riferimenti. Una rivoluzione copernicana al contrario.
Ne verrà qualcosa di buono? Io credo di sì perché -illusoriamente forse- continuo a pensare che l’uomo sia buono per natura e che l’istinto di sopravvivenza vada di pari passo con l’istinto della ricerca del bene. Siamo stati tutti lontani ma non distanti ed abbiamo imparato ad ammettere la necessità vitale della condivisione fisica delle nostre esistenze. Di questi lunghi giorni ci resta il volto degli altri cercato attraverso gli schermi dei pc e dei cellulari su cui rimbalzava un sorriso di rassicurazione. Il sorriso sincero che ora dobbiamo imparare a leggere oltre lo schermo fisico delle maschere (o mascherine) ma che comunque balena nel guizzo istintivo degli sguardi. Sempre.
Maria Giovanna Fadiga Mercuri
Umanista e filologa, ha sempre cercato di svolgere attività di studio e di ricerca nel settore di formazione nelle diverse sedi, fra la Corea del Sud e del Nord, il Regno Unito, la Germania, il Belgio e gli Stati Uniti. Attualmente a Roma, insegna Paleografia e Diplomatica (attenzione: niente a che vedere con la diplomazia!) presso la Scuola di Alta Formazione dell’Istituto Universitario di Patologia del Libro. Ex membro del Consiglio Direttivo uscente, ama scrivere.