di Eleonora Mancini Durante Mangoni
Sapete dove il duca Filiberto Ludovico di Savoia amasse accomodarsi a fumare il sigaro? Su un’opulenta poltrona mod.128 stile rococò bergère. E dove riposasse le fatiche imperiali Francesco Giuseppe d’Austria? Su una regale mod.1919, anno 1919,19 pieghe per lato. E dove trovò ristoro financo il Padreterno il settimo giorno? Ma su una mod.127, azzurra circonvoluta e morbida come le nuvole del paradiso! E chi era il tappezziere di una clientela così esclusiva? Proprio lui: Renzo Frau. E pensare che…
Renzo Frau, stando all’etimologia, avrebbe dovuto essere “faber”, fabbro. Ma discende da una famiglia cagliaritana di tappezzieri, ha dita abilissime nel ripiegare la pelle in morbide simmetrie e forti nel tirare le trapunte in equilibrate tensioni. La famiglia Frau è modesta, la vita in Sardegna offre poche prospettive a Renzo che ha molti sogni. E’ l’inizio del ‘900 quando sposa Savina e lascia l’isola per impiegarsi a Torino presso un’azienda che produce pellami sintetici. La Belle Epoque con le sue forme leggiadre domina il gusto negli anni dei grandi traguardi tecnologici: i voli dei fratelli Wright, l’elettrificazione delle città, la magia della radio e del cinema muto. I tram e i treni sferragliano ovunque e l’Europa sembra vicina, tanto che anche Renzo può scorgerne l’orizzonte. Viene inviato in trasferta in Inghilterra e fa grandi scoperte. Frequenta hotel e dimore private in stile edoardiano, specchio di una borghesia agiata e sempre più incline a mostrare anche nell’arredamento il proprio benessere economico. Da esperto tappezziere, nota un modello di divano ancora sconosciuto in Italia, dalle linee eleganti e dal raffinatissimo “capitonné”: è il Chesterfield, complemento imprescindibile dei fumoir e dei club inglesi. Quando rientra a Torino, il giovane Frau è deciso a riprendere il mestiere di famiglia. Nel 1912 la Ditta Renzo Frau apre i battenti e il “Chester” è il suo primo prodotto di successo.
A Torino la vita culturale è in fermento: pittori, architetti, illustratori animano le riviste così come le notti dei caffè che il giovane Frau non manca di frequentare. Affascinato dalla creatività degli artisti, così affine alla sua di ottimo artigiano, apre loro il suo laboratorio di via Palazzo che diviene un vivace punto di ritrovo. Il confronto è continuo e Frau sviluppa visioni innovative e originalissime di poltrone e divani che mette in produzione. Con gli amici disegnatori Sandro Properzi, Giovanni Nanni e Eugenio Colmo (di gran stazza, tanto che Guido Gozzano gli suggerì il nome d’arte “Golia”) Frau inaugura efficaci campagne pubblicitarie che ben presto rendono i suoi complementi d’arredamento uno status symbol per le high e middle class. Se l’azienda attraversa quasi indenne le guerre, un vero dramma la investe nel 1926 quando Renzo muore a soli 45 anni. A sua moglie Savina non resta che prendere le redini dell’impresa.
Di lei si sa poco. Mi sarebbe piaciuto immaginarla, dirvi del colore degli occhi o di una piuma sul cappello, ma le sue foto sono introvabili mentre restano solo poche note sbrigativamente elogiative. Eppure a Savina la Frau deve moltissimo perché consolida ed amplifica i successi aziendali. Gli anni ’30 e ‘40 non sono facili: la grande depressione travolge il mondo e poco resta dell’esuberanza del decennio precedente. Savina accentua con coraggio la scelta di qualità e di stile innovativo e realizza fedelmente i numerosissimi schizzi che Renzo ha lasciato, facendo in modo che i manufatti si succedano oculatamente sul mercato. Negli anni ’30 le sedute Frau divengono immagine dello stile italiano sul transatlantico Rex, che fa rotta verso New York, tra gli entusiasmi del fascismo, e nella nuova sede del Parlamento.
Savina Frau lascia l’azienda nei primi anni ’40 al genero che, nonostante i successi, non sa mantenerla in equilibrio e decide di venderla nel 1962. L’acquirente è la marchigiana Nazareno Gabrielli, che la affida a Franco Moschini, marito di una delle eredi Gabrielli. E’ Moschini che decide di spostare l’impresa a Tolentino e fa di tutto per portare con sé il più esperto dei lavoranti torinesi: dicono che Aldo Brugiafreddo se ne sia stato a lungo meditabondo davanti alla carta geografica prima di dare il suo assenso al trasferimento… Il resto della forza lavoro, fa i conti Moschini, si troverà sul posto visto che la zona è centro di ottima produzione calzaturiera.
Il sogno di Renzo Frau riprende quota. Franco Moschini è un appassionato e raffinato cultore dell’arte moderna e si circonda dei nomi più prestigiosi dell’architettura e del design. Vengono ripresi ed attualizzati gli storici disegni di Renzo Frau e proposti nuovi modelli, firmati da Luigi Massoni, Giò Ponti, Marco Zanussi, Franco Bettonica, Lella e Massimo Vignanelli… Negli anni ’80 e ’90 gli studi sull’ergonomia suggeriscono a Franco Moschini di cercare la collaborazione dei grandi progettisti dell’automobile, inaugurando così una sinergia con Porsche, Maserati, Ferrari, Volkswagen ma anche con Italo Treni, Etihad e Pershing Yacht. Le archi-star dei nostri tempi introducono Poltrona Frau nei grandi progetti contemporanei: l’Auditorium di Roma di Renzo Piano, l’Europarlamento di Strasburgo di Henry Bernard, il Museu Blau di Barcellona di Herzog & de Meuron, il Louvre di Abu Dhabi di Jean Nouvel…
La storia societaria è complessa e tra cambi di proprietà, partecipazioni, acquisizioni di altri importanti marchi dell’arredamento (come Cappellini e Cassina), il Gruppo Poltrona Frau consolida il proprio prestigio nel mondo, estendendo la rete di vendita in tutti i continenti e diventando icona indiscussa del lifestyle italiano. Attualmente la proprietà appartiene all’americana Haworth, ma la produzione resta ben radicata in Italia e gli stabilimenti Poltrona Frau dominano ancora la pianura di Tolentino. Franco Moschini, che ha visto l’azienda crescere in tanti anni e ancora la presiede, ama definirsi “l’imprenditore del Bello”. Gli si può dar torto?
Eleonora Mancini Durante Mangoni
Una laurea in Lingue e Letterature Straniere e una specializzazione all’Università Statale di Mosca, vari anni di lavoro nell’ambito della comunicazione e promozione del “Made in Italy” all’estero. E’ stata membro del Direttivo ACDMAE 2015/2017 con la responsabilità del Gruppo Eufasa e prima sostenitrice del Progetto editoriale di “Altrov’è”. Attualmente lavora a Roma, per la ROBERTO COIN S.p.a. Ha collaborato con scrittori e giornalisti in progetti editoriali, conducendo lo studio dei materiali di ricerca in lingua russa. Ha vissuto in Russia, Libia, Giappone.
L’articolo è davvero molto interessante e sicuramente frutto di una accurata ricerca.
Per “amore della verità storica” desidero però segnalare che nel seguente punto del testo: “CON GLI AMICI DISEGNATORI SANDRO PROPERZI, GIOVANNI NANNI E EUGENIO COLMO…”, il vero nome del pittore-disegnatore NANNI è GIACOMO e non Giovanni, come è stato erroneamente indicato.
La assicuro sulla correttezza di questa mia informazione in quanto io sono una studiosa della biografia e dell’operato artistico di Giacomo Nanni (in arte “NINO NANNI”), che nacque proprio qui, nel mio stesso paese di residenza in provincia di Reggio Emilia, e di questo dato ne sono assolutamente certa.
Cordialmente.
Lina Zini
Carissima dottoressa Zini, mi scuso per l’ imprecisione e La ringrazio. So poco di Giacomo Nanni, ma la storia di Frau mi ha appassionata moltissimo. Se passerò a Montecavolo posso contare sulla Sua disponibilità per conoscere meglio questo Artista? C’è un museo a lui dedicato? Intanto desidero ringraziarla anche a nome di tutte le amiche dell’ACDMAE per seguire il nostro notiziario. Un caro saluto!
Gentilissima signora Durante,
ho visto solo ora la Sua risposta e Le rispondo quindi con involontario ritardo.
Per quanto riguarda il pittore GIACOMO NANNI purtroppo qui in paese, come in città (Reggio Emilia) non c’è nulla a Lui dedicato ed anzi, come spesso succede, è un nome quasi dimenticato.
Qui in paese però esiste ancora la sua antica e bella casa natale che fà sempre bella mostra di sé e suscita lontane memorie.
Se Le interessa avere qualche notizia sull’Artista io sono ben lieta di potergliele fornire con un contatto diretto.
Auguri di buon lavoro e un cordiale saluto.
Lina Zini