di Paola Ferri De Luca
Il Diwali, in India, è la festività religiosa più importante e attesa dell’anno: è la festa della luce, la luce del Sole che ritorna dopo essere stata oscurata dal velo delle lunghe piogge monsoniche.
Diwali o Deepavali vuol dire ”filare di luci “. Secondo la leggenda il re Rāma, con la sua sposa Sita, torna nella città di Ayodhya, liberata con la vittoria sul terribile demone Ravana, dalle dieci teste e venti braccia. Il popolo della città, al rientro del re, accese file (avali) di lampade (dipa) in suo onore. Da qui il nome Dipawali o più semplicemente Diwali a significare la vittoria del bene sul male, della luce sull’oscurità, della conoscenza sull’ignoranza.
Diwali, nel subcontinente indiano, del resto, coinvolge davvero tutti.
Oltre agli Hindu, anche i Sikh la celebrano, festeggiando in particolare “Il giorno del rilascio dei prigionieri”, quando nello stesso periodo dell’anno, nel 1619, il sesto Guru, Guru Hargobind, imprigionato perché oppositore dell’impero Moghul, viene rilasciato dalla prigione di Gwalior riuscendo con un inganno a liberare anche altri cinquantadue principi tenuti prigionieri. Al termine del viaggio di ritorno, giunti finalmente ad Amritsar, il Guru scoprì che i Sikh avevano illuminato Harmandir Sahib (il Tempio d’Oro) con migliaia di candele per celebrare il loro ritorno.
Anche qui, dunque, un trionfo della giustizia sull’ingiustizia, della luce sul buio, ma anche un tributo alla non violenza, perché tutto avvenne senza spargimento di sangue.
Diwali è festa anche per i Jainisti. Il giorno del Diwali del 527 a.C. Mahavira , ventiquattresimo Tirthankara, il filosofo e asceta che fondò il Jainismo, raggiunse il nirvana, la liberazione.
Quando Mahavirà morì la luce della conoscenza suprema si spense ed il mondo piombò nelle tenebre. Allora i fedeli accesero le lampade per ispirare l’accensione dell’amore universale e liberare il mondo dall’oscurità dell’ignoranza.
I festeggiamenti per Diwali si protraggono per cinque giorni nel mese indù di Kartika, solitamente tra ottobre e novembre, ma è il terzo giorno ad essere generalmente considerato come il più importante, perché dedicato alla celebrazione della dea Lakshmi, dea dell’abbondanza e della prosperità.
Quest’anno il Diwali capitava il 14 novembre … il trionfo della luce, però, questa volta, è stato senza dubbio offuscato dall’ombra della pandemia. Tutti gli anni uno scenario da favola si presenta agli occhi di chi ha la fortuna di assistervi: milioni di luci scintillanti ad addobbare tetti, strade ed edifici di tutta la Capitale, donne che passeggiano in strada avvolte nei loro splendidi sari nuovi, bambini che si divertono a sparare petardi, gli usci delle case, ridipinte di fresco per l’occasione, decorati con candele e disegni fatti di polvere di fiori.
I fedeli si dedicano alle abluzioni rituali e si cucinano cibi speciali perchè durante il Diwali, oltre a partecipare alle varie cerimonie religiose, si invitano a casa amici e parenti, i fratelli fanno visita alle sorelle, si festeggiano gli sposi, ci si riunisce in allegria per la festa più importante dell’anno.
E la sera le case, i balconi, le vie, i giardini vengono illuminati da migliaia di lanterne per rischiarare il cammino della dea Lakshmi, apportatrice di benessere e ricchezze e si organizzano bellissimi spettacoli pirotecnici.
Quest’anno le cose non sono andate proprio così.
Con 8 milioni di contagi da coronavirus, gli indiani hanno dovuto fare i conti con le linee guida del governo e con le misure di distanziamento (facile dirlo, metterlo in pratica molto di meno!) e quindi questa festa corale, grandiosa, spettacolare, nell’anno della pandemia ha dovuto trovare altre strade per poter essere festeggiata.
Sconsigliati gli assembramenti nei mercati, proibiti i fuochi d’artificio, anche a causa dell’impressionante inquinamento che avvelenava in quei giorni il nord dell’India, le famiglie, gli amici, si sono ritrovati sulle ormai note piattaforme.
Ne hanno risentito, dicono, anche gli affari perché molti hanno rinunciato ai tradizionali acquisti.
La paura e le misure, purtroppo, non sono bastate e la curva dei contagi – come ci si aspettava – è già risalita.
Benché si sia trattato di un Diwali un po’ sotto tono e senza dubbio meno “sociale” del consueto, gli indiani hanno provato lo stesso a riscoprire in quest’occasione un certo grado di normalità. Sono riusciti a vivere un momento di armonia, di riavvicinamento agli affetti più cari, di ritrovo nelle case, quest’anno ancor più nel segno della solidarietà e della condivisione di valori religiosi e culturali. Nell’attesa che ancora, in un futuro che tutti speriamo molto vicino, la luce trionfi nuovamente sulle tenebre, e che il Diwali, quello che tanti fedeli sono abituati a festeggiare con gioia, torni ad illuminare il nostro pianeta ferito.
Paola Ferri De Luca
Studi in giurisprudenza, ma con la passione per l’arte, si è diplomata alla scuola di Christie’s Education di Parigi. Amante, da buona napoletana, della cucina e delle sue storie. Ha vissuto a Khartoum, Tunisi, Parigi e Shanghai. Ora abita a Nuova Delhi con il marito, Ambasciatore d’Italia in India.