di Nicola Verola
Mai come in quest’ultimo anno, complice la Pandemia e la crisi che ne è seguita, si è sentito parlare di Unione Europea, per una volta non solo per questioni legate all’euro. Bruxelles è entrata in gioco a tutto campo nel nostro quotidiano: per dare all’Europa i vaccini anti-Covid, per aiutare con un suo “Piano Marshall” le economie più colpite dal virus, per guidare la transizione verde e digitale e finanche per trovare risposte al problema del caro-bollette. Non c’è capitolo della nostra vita che, in un modo o nell’altro, non sia collegato o influenzato da quello che succede nella Capitale dell’Ue, ovvero da ciò che è deciso in uno dei sempre più numerosi vertici europei, al Berlaymont, sede della Commissione Ue, oppure all’Europarlamento.
Non dovrebbe meravigliare, quindi, l’iniziativa di Bruxelles di aprire un doppio canale di comunicazione con i suoi cittadini. Per ascoltarli da una parte e, dall’altra, per prendere in considerazione le loro istanze secondo un processo di “bottom-up”. Quel canale di comunicazione è la Conferenza sul Futuro dell’Europa che, “dopo una lunga fase di rodaggio, è entrata finalmente nel vivo” scrive Nicola Verola, vicedirettore generale per l’Europa della Farnesina, in un articolo pubblicato da Eurispes.it. Forse – aggiungiamo noi – dovrebbe piuttosto preoccupare che molti cittadini (non solo in Italia) non abbiano compreso fino in fondo l’importanza di questo forum di confronto, che risponde alla domanda di maggiore democrazia e trasparenza nell’Ue. Se è vero che “il futuro è nelle tue mani”, come sintetizza brillantemente lo slogan della COFE, allora meglio cogliere un’opportunità concreta per non lasciarselo sfuggire. Come? La risposta è nell’articolo che, con l’assenso dell’autore, riproponiamo in forma succinta.
La Conferenza sul Futuro dell’Europa, lanciata a marzo di quest’anno, offre la possibilità ai cittadini europei di intervenire direttamente nel dibattito europeo attraverso la piattaforma multilingue digitale https://futureu.europa.eu/ aperta e liberamente “navigabile”.
La prima fase della Conferenza, quella di ascolto, ha previsto l’organizzazione di una serie di eventi, strutturati nelle modalità e nei formati più diversi, tanto dalle Istituzioni Ue e dai Paesi membri ma anche dalle autorità locali e dalla società civile. Convegni, “town hall meetings”, incontri nazionali e transnazionali hanno, allo stesso titolo, rappresentato delle occasioni di confronto aperte a un numero quanto più elevato possibile di cittadini, in rappresentanza della diversità e della molteplicità delle culture europee. Occasioni che assumeranno rilevanza europea nella misura in cui le loro risultanze saranno convogliate attraverso la Piattaforma digitale creata dalla Commissione Europea. E’ questo, infatti, è il tratto più caratterizzante della Conferenza: diventare una sorta di Agorà virtuale accessibile a tutti i cittadini europei – dopo aver sottoscritto la “Carta della Conferenza” – per fornire contributi e reperire informazioni in modo interattivo.
È la stessa piattaforma a suggerire i temi di dibattito, articolati per ora attorno a nove “clusters”: cambiamento climatico e ambiente; salute; economia più forte; giustizia sociale e lavoro; trasformazione digitale; valori, diritti e sicurezza; migrazione; istruzione, cultura, gioventù e sport; Ue nel mondo; democrazia europea.
In una seconda fase la Conferenza prevede la traduzione delle idee raccolte sulla piattaforma in proposte. È il momento della selezione, dell’organizzazione e della razionalizzazione di quella che, verosimilmente, sarà una massa magmatica di richieste, proposte e suggerimenti. È questa la fase più innovativa perché la trasformazione è filtrata da un istituto di democrazia partecipativa sperimentato in alcuni Paesi europei ma mai su così larga scala. Si tratta dei “Panel” composti da almeno due cittadini per Stato membro scelti con sorteggio, in modo da rappresentare la diversità sociologica e demografica dell’Ue (origine geografica, età, sesso, contesto socioeconomico, livello di istruzione). I panel si riuniranno in sessioni “deliberanti” per accogliere formalmente i contributi emersi nei dibattiti decentrati (caricati sulla piattaforma) e fornire stimoli all’Assemblea Plenaria della COFE. La Plenaria sarà composta da 108 parlamentari nazionali (4 per ogni Stato membro), 54 rappresentanti dei governi; 108 membri del Parlamento Europeo; 108 cittadini (80 rappresentanti dei Panel, un rappresentante per Stato membro per gli eventi nazionali; 8 rappresentanti della società civile); i rappresentanti del Comitato delle Regioni, del Comitato Economico e Sociale, delle parti sociali e della società civile per un totale di 376 membri. Il suo compito sarà discutere i suggerimenti dei Panel e gli input provenienti dalla piattaforma digitale e decidere (per consenso) quali raccomandazioni sottoporre al Comitato Esecutivo, cui spetterà poi di stilare il rapporto conclusivo della Conferenza.
Se la Plenaria è l’organo più rappresentativo della COFE, il vero potere risiede quindi nel Comitato Esecutivo: un organo collegiale composto da tre rappresentanti e quattro osservatori per ciascuna Istituzione (Parlamento, Consiglio e Commissione) cui partecipano, come osservatori, la presidenza della Conferenza delle Commissioni Affari Europei dei Parlamenti nazionali e, su invito, altri organismi e agenzie europee. La Presidenza collegiale dell’Executive Board è esercitata dai Presidenti delle tre Istituzioni.
La terza fase della Conferenza, ancora tutta da disegnare, dovrebbe essere quella della realizzazione, quando i contributi raccolti attraverso questo vasto esercizio di consultazione popolare, sintetizzati nel rapporto finale del Comitato Esecutivo, saranno trasmessi alle istituzioni dell’Unione che, in linea teorica, dovrebbero poi tradurli in realtà.
Le prospettive di questo esercizio democratico sono incoraggianti, tuttavia bisogna essere consapevoli che, per essere pienamente incisiva, la Conferenza dovrà superare alcuni limiti strutturali. Il primo riguarda la durata perché, causa Covid, i lavori sono cominciati con più di un anno di ritardo, senza che il rinvio facesse slittare il termine della Conferenza previsto nel 2022, durante il semestre di presidenza francese dell’Ue. Il lavoro effettivo sarebbe quindi compresso in un anno appena: un po’ poco per condurre efficacemente un esercizio ambizioso e del tutto inedito di coinvolgimento dei cittadini. Resta anche l’incognita delle procedure da seguire: la COFE è un work in progress, una macchina che, settimana dopo settimana, forgia le sue regole e i suoi metodi di lavoro. Ma molti punti del suo funzionamento interno sono tuttora da chiarire: in che misura, per esempio, le indicazioni della Plenaria dovrebbero essere vincolanti per il Comitato Esecutivo? Da chi saranno formulate le proposte d’iniziativa popolare?
A prescindere dalle domande in attesa di risposta, le potenzialità della COFE restano notevoli anzitutto perché – in un modo o nell’altro – consentirà di mettere sul tavolo alcuni temi davvero importanti per il futuro dell’Unione. L’Italia ne ha segnalati alcuni, per esempio, in un position paper già consegnato ai partner e alle istituzioni europee. Nello stesso spirito il nostro Paese ha anche creato a livello nazionale un’ambiziosa governance: un comitato scientifico, presieduto dalla professoressa Paola Severino e dall’Ambasciatore Nelli Feroci, che raggruppa personalità di primo piano, per stimolare il dibattitto e contribuire a sviluppare risposte su temi cruciali come l’aggiornamento della metodologia di lavoro delle Istituzioni Ue, la costruzione di un’Unione della Salute e l’autonomia strategica europea. Darà il polso dei cittadini sulle due transizioni epocali (quella digitale ed ecologica) ma anche sulla definizione di una politica europea in materia migratoria.
Questi sono solo alcuni esempi di temi complessi e direttamente impattanti che richiedono trattazioni molto tecniche che, tuttavia, non potranno più prescindere dall’esigenza di recepire le aspettative e i bisogni dei cittadini europei. In questa luce, quindi, la COFE diventa soprattutto un tentativo meritorio di creare una prima infrastruttura per il discorso politico europeo. Ecco perché è importante assicurare il carattere transnazionale del dibattito, ed ecco perché è importante discutere su un numero selezionato di temi che potrebbero stimolare la partecipazione dei cittadini facendo sì, in buona sostanza, che la piattaforma abbia successo e diventi in futuro uno strumento di confronto istituzioni-cittadini permanente ed allargato.
A fine ottobre, la piattaforma della COFE contava accessi ben superiori ai 3 milioni, con oltre 100mila partecipanti effettivi: numeri importanti ma ancora insufficienti (rispetto la popolazione europea) per rendere i risultati della Conferenza pienamente credibili. Da qui la necessità di pubblicizzare adeguatamente, anche coinvolgendo il mondo delle Associazioni, le possibilità di partecipazione attiva che la Conferenza offre.
Adesso che Bruxelles da finalmente voce a tutti, perché rinunciare a fare sentire la propria?
Nicola Verola
Vice Direttore Centrale per l’Europa e Direttore Centrale per l’integrazione europea presso il Ministero degli Affari Esteri, insegna Modelli e Tecniche di negoziazione nell’Ue alla Luiss. E’ autore di “L’Europa Legittima” (Passigli, 2006), “Il governo dell’euro” (Passigli,2013) e “Il punto d’incontro – Il negoziato nell’Unione europea” (Luiss University Press, 2020)