di Anna Orlandi Contucci Iannuzzi
La mascherina gli copre quasi tutto il faccino. Spuntano solo due grandi occhi. Non riesce a stare fermo nel passeggino, tira calci, cerca di scendere. Finalmente si gira verso di me. Il suo sguardo arrabbiato sembra chiedere “ma quando finirà…quando mi farete correre come prima?” Si, perché lui, come tanti altri bambini, ha già conosciuto un “prima”, un ritmo che favoriva la sua socialità e il suo sviluppo e un “poi”, il Covid, che ha congelato la sua vita.
La condizione di costrizione all’interno delle mura di casa, se all’inizio è stata accettata come una novità quasi divertente da molti bambini, con il passare del tempo ha creato situazioni di stress e, in alcuni casi, messo in crisi l’equilibrio emotivo. Lontani dagli asili e dalle scuole sono stati più che mai immersi e travolti dalle ansie che hanno caratterizzato le giornate pandemiche degli adulti. Una recente ricerca dell’Istituto Gaslini, in collaborazione con l’Università degli studi di Genova, ha rilevato che oltre il 65% dei bambini sotto i 6 anni analizzati registrava problematiche comportamentali come: irritabilità, disturbi del sonno, paura del buio, inquietudine e perfino sintomi di regressione. Nella fascia tra i 6 e i 18 anni, i disturbi più frequenti, oltre a quelli del sonno, hanno interessato la componente somatica (disturbi di ansia, attacchi di panico, etc.). E la gravità di questi comportamenti disfunzionali è risultata correlata in modo specifico al malessere dei genitori. Ma nelle nostre famiglie, pur cercando di seguire i figli con attenzione, ci siamo veramente resi conto delle ripercussioni che il Covid sta avendo sulla loro vita e avrà sul loro futuro?
UNICEF Italia si è mossa in tal ottica sin dall’inizio della pandemia, preoccupandosi delle ricadute che questa avrebbe avuto sulla vita di tanti minori e sul loro diritto allo sviluppo equilibrato delle proprie attitudini mentali e fisiche (art. 27 Convenzione ONU sui diritti dei bambini). Ha infatti concentrato i propri sforzi sull’analisi della situazione dei bambini e dei ragazzi vittime della crisi sanitaria, cercando di dare voce alle loro esigenze, al loro desiderio di un futuro differente. Vanno in questa direzione vari progetti realizzati finora da UNICEF Italia: una guida per le famiglie su come spiegare il Covid ai bambini e come favorire il dialogo su questo argomento, seguita da un’altra guida per i Comuni italiani sulla tutela dei diritti dell’infanzia al tempo del Covid, ricca di suggerimenti per garantire la sicurezza, il sostegno ed il benessere dei minori a livello locale. Ancora, in occasione della Giornata mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza del 20 novembre scorso, ha lanciato il Rapporto “The Future We want – Essere adolescenti al tempo del COVID-19”, uno studio su come l’emergenza sanitaria ha influenzato la percezione della vita, del benessere e delle aspirazioni dei ragazzi italiani tra i 15 ed i 19 anni. Il Rapporto, se da un lato fotografa l’impatto della pandemia sui ragazzi, dall’altro evidenzia come gli stessi chiedano il ritorno ad una “nuova” normalità che rappresenti un reale cambio di rotta: un sistema sanitario pubblico gratuito e accessibile a tutti; una maggiore considerazione dei fattori ambientali a tutela della salute; e, soprattutto, una maggiore disponibilità di reti di ascolto e supporto psicologico.
Lo studio in questione rientra nella campagna istituzionale di UNICEF Internazionale a sostegno dei minori durante la pandemia, che ha coinvolto con numerose altre iniziative tutti i paesi in cui sono presenti sedi UNICEF. In Uruguay, ad esempio, sono stati pubblicati libri di lettura e di giochi per facilitare la comprensione e la accettazione della situazione Covid nei bambini. La sede UNICEF Uruguaiana si è fatta anche attore e partecipe d’iniziative contro la violenza, gli abusi e la lesione dei diritti, che molti bambini rischiano di vivere durante la pandemia. Si tratta quindi di iniziative “coordinate” che mirano a realizzare un futuro più equo e sostenibile, costruito sull’ascolto di quelli che saranno i protagonisti di domani: i nostri ragazzi e i nostri bambini, in quanto il cambiamento non può che cominciare da loro, dalle loro idee e dai loro suggerimenti. Per cercare di dare voce a tutti, anche ai più piccoli, UNICEF Italia ha affiancato all’uscita del Rapporto la simpatica iniziativa “Il futuro che vorrei me lo leggi in faccia”, con cui ha proposto ai giovani di compiere un gesto simbolico: inviare e condividere sui social media (Facebook; Instagram, Twitter; etc.) la foto di una frase, un simbolo o un disegno, scritto sulla propria mascherina, che parli del domani, del futuro atteso e sperato. Un modo per guardare al di là del Covid, che ha congelato ogni forma di vita collettiva e di empatia, partendo dalle mascherine, elemento ormai imprescindibile del vivere quotidiano, simbolo delle voci smorzate, dell’affettività e della socialità negata. E così i social sono stati inondati di messaggi: “NO ALLA PLASTICA”; “SPAZI VERDI”; “EQUALITY”; “INCLUSIONE”; “NO BULLISMO”, LAVORO E STABILITA’, oppure “ANDRA’ TUTTO BENE”… Se cercate sul Web troverete una marea di foto “parlanti” che UNICEF ha raccolto a livello nazionale: sono espressione della voce dei nostri ragazzi, che in modo inequivocabile evidenziano le negatività del nostro presente e il futuro diverso a cui aspirano.
Queste loro idee di speranza e di vero cambiamento possono essere per noi – distratti dalle difficoltà quotidiane o demoralizzati dal flagello dei contagi – non solo un valido spunto di riflessione, ma una chiara indicazione della strada che ci potrebbe condurre verso un futuro migliore.
Per maggiori informazioni:
UNICEF Il futuro che vorrei. Me lo leggi in faccia https://www.unicef.it/doc/10157/il-futuro-me-lo-leggi-in-faccia.htm
The Future We Want – Essere adolescenti al tempo del Covid – Rapporto di Unicef Italia – Novembre 2020
Anna Orlandi Contucci Iannuzzi
Dopo la Laurea in Economia e Commercio alla Luiss di Roma, ha lavorato per dieci anni in una società finanziaria. Si specializza successivamente in tutela dei diritti dei minori mettendo in pratica le proprie competenze presso l’Area Diritti dei bambini del Comitato italiano per l’Unicef. Ha anche collaborato con il desk “Ascolto” del Centro Sociale Vincenziano Onlus a sostegno delle persone in difficoltà, e lavorato fino l’anno scorso alla sede romana dell’Ufficio del Grande Ospedaliere del Sovrano Ordine di Malta. Oggi vive a Montevideo col marito, Ambasciatore italiano in Uruguay.