di Debora Amariglio Langella
Esiste un luogo a Singapore dove per un attimo, se ignori gli inquietanti grattacieli che sembrano volerlo inghiottire, hai l‘impressione di essere in un remoto villaggio della Cina rurale. Un tratto pressoché incontaminato di giungla: vi si accede attraverso quella che credo sia l’ultima strada non asfaltata della città. Arrivandoci per la prima volta, il colpo d’occhio è impressionante. Un forno in mattoni lungo 43 metri si sviluppa come una grotta che promette sorprese. Qui per decenni è cresciuta la fiorente industria ceramica della città. La lavorazione durava mesi e approvvigionava la popolazione delle vettovaglie necessarie per la vita quotidiana così come per le celebrazioni del calendario religioso. I maestri ceramisti lavoravano alla produzione quotidianamente e il forno si accendeva due o tre volte al mese. Questo gigante a legna poteva impiegare anche un giorno per raggiungere la temperature di 1300 gradi e più di una settimana per raffreddarsi per poter essere riaperto. A Singapore ne esistevano circa venti di questo tipo. Oggi è possibile visitarne due e nessuno veramente in attività. Purtroppo la speculazione edilizia ne minaccia la sopravvivenza sebbene un ritrovato interesse locale per quest’arte antica potrebbe risparmiare il sito dalla distruzione. Almeno una volta al mese vado a rifornirmi del materiale necessario per il mio lavoro. Mi riprometto sempre di essere rapida ma una visita al gigante si impone ogni volta e torno a casa sempre con molto di più di quello che necessito.
Ma l’avventura non inizia qui bensì cinque anni fa, in un luogo forse meno esotico ma di grande prestigio e tradizione. La Scuola di Arti Ornamentali di Roma si trova in un bellissimo edificio nel centro storico. Fondata verso la fine dell’ottocento, accoglie studenti di tutte le età. Camminare tra le sue ampie aule tra il profumo di un’essenza di legno pregiato appena inciso o una tela lasciata ad asciugare, tra un arazzo incompiuto o un mosaico appena iniziato, mi ha fatto sentire di essere nel posto giusto. Alla fine del primo anno del corso di Ceramica è arrivata la notizia del nostro trasferimento a Singapore. L’altra buona notizia è stata sapere che ciò di cui necessitavo, la creta e un forno, le avrei trovate anche a Singapore. L‘impresa, tuttavia, si sarebbe rivelata più complicata del previsto. In molti paesi asiatici, infatti, le scuole di ceramica hanno una tradizione antica e consolidata. Questo può trarre in inganno chi, come me, ha creduto che il passaggio dalla scuola di Roma a quella locale sarebbe stato possibile senza gli aggiustamenti del caso. In realtà questa esperienza forse più di qualunque altra in questi quattro anni, mi ha mostrato il gap culturale con il quale avrei dovuto confrontarmi.
In Europa, ne sia un esempio autorevole il Regno Unito, dove la tradizione ceramica ha radici antiche e la sua scuola resta un riferimento nel settore, le arti ornamentali sono parte del tessuto didattico e culturale. In Italia l’accesso allo studio delle Arti e Mestieri è testimoniato dalla presenza di numerose e prestigiose Accademie su tutto il territorio nazionale. Diventare un artigiano è una scelta che, trascurata per decenni, sta trovando nel nostro paese una nuova vitalità’. Nel tentativo di sottrarsi alla globalizzazione e alla banalità’ del dejá vu, un nuovo interesse per le produzioni artigianali ha spinto molti a fare una scelta che oggi, anche socialmente, trova un nuovo spazio.
A Singapore l’arte ceramica è stata a lungo appannaggio di maestri prevalentemente cinesi, uomini e la cui attività si è tramandata di generazione in generazione. La diffusione di questa materia come oggetto di studio tra le nuove generazioni è sicuramente un fenomeno recente ancora confinato prevalentemente al campo dell’hobbista.
Il primo insegnante nel quale mi sono imbattuta arrivando in Asia è stato Mr. Pang. Un signore apparentemente mite e gentile, dalla corporatura esile e dalla retorica essenziale; mi ha insegnato nel corso di sei mesi la migliore tecnica al colombino (n.d.r. antica tecnica di saldatura e modellazione della creta) mai sperimentata prima. Ancora oggi i suoi insegnamenti mi consentono di sviluppare quasi ogni forma e di correggerne gli eventuali errori. Mr. Pang, come ogni maestro ceramista della sua generazione, si è formato nella Cina rurale: era fiero di raccontare che il suo maestro lo aveva costretto alla sola pulizia del pavimento per tre anni prima di consentirgli di toccare la creta. Evidentemente quando ha visto arrivare questa signora, senza una parola di cinese e con mille domande ad ogni minuto, con la voglia di imparare bene e in fretta, irrompere in una classe dove l’interlocuzione non era tra le cose possibili, deve aver creduto che quanto meno mancassi di educazione. Con il tempo ho imparato a farmi conoscere e credo avesse infondo simpatia per la mia inusitata loquacità’. Ciò nonostante, il suo rifiuto di insegnarmi la tecnica del tornio elettrico congiuntamente ad un diverbio con il titolare della scuola mi convinsero a lasciarla.
Ho così trovato un nuovo spazio dove proseguire i miei studi. Un bell’open space all’interno di un Industrial Building, in uno dei pochi quartieri tuttora malfamati di Singapore, dove incontri ancora il piccolo artigliano e le micro botteghe ospitate nelle shophouses, ricordo di una città superata ma non dimenticata. Anche qui i problemi di ordine didattico si sono comunque manifestati. Ciò malgrado, ho comunque fatto una buona esperienza, ho smesso di fare troppe domande e, come da desiderata, ho provato e provato e riprovato ancora.
Dopo tanto lavoro arriva inevitabilmente la domanda di rito: cosa farsene di questa abilità? Come coniugarla con una vita fatta di partenze, di nuovi inizi e altrettante fini?
La risposta alla prima domanda è profondamente soggettiva. La lavorazione della creta può restare un hobby a vita o diventare un’attività. Questo dipende dalle aspettative personali.
Rispondendo alla seconda, la buona notizia è che uno studio di ceramista troverà facilmente spazio in un container. Quasi ovunque nel mondo la ricerca dei materiali e delle attrezzature di base presenta poche difficoltà o può addirittura essere motivo di interesse e fonte di ispirazione per la diversità delle tecniche e dei relativi materiali. Ma quello che ha reso possibile trasformare quest’arte in un’opportunità professionale anche per coloro che per scelta di vita sono portati a frequenti trasferimenti, è stata la nascita del mercato on line. Oggi esistono numerose piattaforme attraverso le quali lanciare o sviluppare un’attività intrapresa. Nello specifico, Etsy è tra le più autorevoli in campo artistico ma anche Instagram è un ottimo canale per far conoscere le proprie creazioni e scambiare informazioni in merito. In quest’ultimo anno la pandemia ha peraltro ulteriormente aumentato l’interesse per l’I-Commerce che ha registrato una crescita esponenziale nello scambio di beni. La facilità di accesso a questi siti non sempre garantisce però un buon risultato. I tempi per l’affermazione e la diffusione del prodotto sono incerti e richiedono un impegno non diverso da quello di qualunque altra attività commerciale. Ma, come si diceva, è un’attività non necessariamente stanziale, e questo per alcuni è un vantaggio non da poco.
La creta è un materiale plasmabile che conosce molte fasi di lavorazione. Ogni fase ha le sue difficoltà e richiede una diversa manualità ed esperienza. Quando il pezzo esce dal forno per l’ultima volta è compiuto e solo allora si può dire se sia anche riuscito.
Debora Amariglio Langella
Napoletana, laureata in Lingue e Letterature Straniere. Per sette anni è responsabile dell’ufficio estero presso una società di servizi congressuali di Roma. Lascia il lavoro per seguire il marito nella sua carriera diplomatica e vive a Ginevra, Nuova Delhi, Bruxelles e Singapore.
Madre a tempo pieno di due figli, la fotografia è la prima passione. Si dedica alla pittura ad olio negli anni di Bruxelles prima d’incontrare la creta, a Roma. Il volontariato attivo tra le sue priorità e in questo campo compie due importanti esperienze, a Roma e in Cambogia.