La sedia del Manzoni e il Tricolore strappato

Anna Sanfelice Visconti di Modrone

“IL 15 febbraio del 1810, nella cappella privata del conte Marescalchi, ministro degli Affari Esteri del Regno d’Italia, l’abate Costaz, parroco de la Madeleine, riconsacrò col rito cattolico l’unione del Manzoni con la mite Enrichetta, da protestante divenuta cattolica fervente”. (1)

… “Chissà su quale di queste sedie si è seduto Manzoni!” sospirava mia suocera, accarezzandone con lo sguardo le gambe sottili e lo schienale delicatamente intagliato. Vi si erano seduti, peraltro, molti protagonisti della scena politica e artistica che frequentavano Ferdinando Marescalchi a Parigi.

Ferdinando, a dispetto dell’aria paciosa del ritratto (2), ha vissuto tempi intensi e complicati, soffrendo e partecipando agli eventi di un’epoca travolgente. Nato a Bologna nel 1754, giovanissimo membro del Senato della città per diritto ereditario, era fra le non molte personalità cittadine – e Napoleone lo ricorda nelle sue memorie – che lo avevano ricevuto e festeggiato ai tempi della prima campagna d’Italia. Fa parte del Direttorio della Repubblica Cispadana, e alla sua trasformazione in Cisalpina viene mandato ambasciatore a Vienna, dove tutto ciò che è legato al parvenu Bonaparte non gode di eccessivo gradimento.

Si lamenta. “Tutti quelli che vogliono affittarmi un alloggio la mattina non sono più disposti a farlo il pomeriggio, e i miei domestici non possono portare la coccarda tricolore per non essere insultati”. Era andata peggio a Bernadotte, l’Ambasciatore francese, che celebrava con grandi feste i successi di Napoleone; i viennesi, irritati, avevano preso d’assalto la residenza con grida, tumulti e spari, e la bandiera sul portone era stata strappata dai manifestanti. Che se la presero anche con il nostro tricolore.

Marescalchi non riuscirà nemmeno a presentare le credenziali all’Imperatore; la corte austriaca continuerà a rimandare, fino a che questi non sarà richiamato a Milano. Partecipa alla Consulta di Lione del 1801-1802, che fonda la Repubblica Italiana, e ne redige la Carta Costituzionale. Resterà a Parigi come Ministro degli Esteri della Repubblica, e poi del Regno d’Italia.

Napoleone viene incoronato imperatore nel 1803; nel celebre dipinto di Jacques-Louis David Marescalchi è nel gruppo dei dignitari che vi assistono. L’anno successivo Bonaparte riceverà la corona d’Italia a Milano, e dirà, cingendo la corona ferrea, “Dio me l’ha data, guai a chi la tocca!”. Incaricato di organizzare e sovrintendere all’evento l’imperturbabile Marescalchi. I cui maggiori successi sono però l’aver favorito e negoziato il Concordato della Francia con la Santa Sede nel 1803 e, dopo la caduta di Napoleone, aver ottenuto, con Canova come esperto, la restituzione di una consistente parte delle opere d’arte italiane requisite dall’ex imperatore.

Ad una persona stimata e affidabile come lui, dopo il tramonto dell’astro napoleonico, si rivolgerà Francesco I d’Austria, nominandolo Commissario Imperiale a Parma, in attesa che sua figlia Maria Luigia ne prendesse possesso, e poi  Ambasciatore d’Austria presso il Duca di Modena.  Morirà nel 1816 proprio a Modena, nel corso di quell’incarico.

Molto abile a stringere amicizie ed entrare in contatto con personalità eminenti, dotato di un patrimonio considerevole, alle sue splendide feste partecipava, in incognito, anche Napoleone (che arrivò a rimproverarlo per le spese eccessive). La sua corrispondenza ci dice che frequentava  Metternich e Talleyrand, Vincenzo Monti e Manzoni, l’incisore   Giambattista Bodoni, i pittori Andrea Appiani, Pelagio Palagi e Felice Giani, che aveva affrescato i saloni del suo palazzo di Bologna. Tambroni, altro pittore meno noto, era il suo esperto per gli acquisti (3). Dietro i suggerimenti di quest’ultimo Marescalchi aveva riunito una collezione di opere d’arte che spaziava da Guido Reni ai Carracci, a Pellegrino Tibaldi, al Guercino. Suo figlio Carlo, giocatore incallito, venderà quasi tutto.

Alla nostra partenza per Vienna nel 1997, disponendo per la prima volta di una grande sala da pranzo, abbiamo osato chiedere in prestito le famose ventiquattro sedie Direttorio dell’antenato di Leonardo.

Concesse di buon grado, ma …. “mi raccomando, che non ci si sieda nessuno!”

Credits: per il materiale fotografico si ringraziano le testate dei periodici “Avvenire” e “Il Ponte” e l’Agenzia francescana “Fratesole”

NOTE:

(1) Da “Anni di noviziato poetico del Manzoni” di Michele Scherillo, introduzione ai Promessi Sposi, Hoepli 1905. L’autore si riferisce ovviamente al Regno d’Italia napoleonico (1805 – 1814) meglio conosciuto come Regno Italico

(2) Il ritratto è di Ludwig Gottenbrunn. Una seconda versione si trova al Museo di Versailles

(3) Sulla collezione di Ferdinando Marescalchi si veda Monica Preti Hamard, “Ferdinando Marescalchi (1754-1816). Un collezionista italiano nella Parigi napoleonica”, Minerva Edizioni, 2005

Anna Sanfelice Visconti di Modrone

Napoletana, laureata in Giurisprudenza e Scienze Politiche a La Sapienza di Roma, iscritta all’ACDMAE di cui è stata a lungo Presidente, ha esercitato la professione di avvocato tra un trasferimento e l’altro del coniuge Leonardo Visconti di Modrone. Ha all’attivo diverse pubblicazioni sulle carte conservate nella casa di famiglia a Lauro, sulle consorti che hanno vissuto le turbolenze del Vicino e Medio Oriente, e sui propri ricordi di vita a fianco del marito.

1 commento
  1. Cara Anna, questa tua fenomenale abilità nell’intrecciare le storie di famiglia con le vicende di paesi e popoli mi fa sentire come se assistessi agli eventi della Storia dalla poltrona di prima fila!

Lascia un commento

Your email address will not be published.