di Maria Giovanna Fadiga Mercuri
Uno dei più grandi paradossi della nostra vita è l’attribuzione a qualcuno del termine amico. “Dare l’amicizia”: un atto quotidiano, trascinato malamente dall’uso costante dei social che hanno persino trasformato il valore della parola e così ci troviamo a quantificare ciò che sarebbe per sua definizione incommensurabile.
Un amico, soprattutto per noi “viaggiatori” è un bene difficile da trovare e conservare, raro ed incostante per la nostra stessa natura. Mi fanno sorridere i pressapochismi linguistici dei millennials che vantano numeri spropositati di amici -che poi loro chiamano contatti- senza soffermarsi sul fatto che l’aspetto fisico, tattile, è quello che crea la parola. Associazionismi, partiti, confraternite, clubs, tutti si basano oggi sul rapporto numerico e sul veloce relazionarsi per utilità o interessi. Poi le parole male interpretate sono dette falsi amici, poi abbiamo persino il fuoco amico! “Noi non conosciamo le persone quando vengono da noi; dobbiamo andare noi da loro per sapere quel che sono” scriveva Goethe e nell’andare sta tutto lo sforzo di un amico potenziale. “Ti vengo a trovare”: che frase magica dei miei verdi anni!
Ma quali sono i fondamenti della vera amicizia? Uno solo, direi. L’essere buoni dentro. Tutto il resto non è altro che conoscenza, consuetudine, frequentazione. Cicerone, un signore di 2100 anni fa, nel 44 a.C. lo aveva capito, senza FaceBook, che il “sentire” è tutto: Sed hoc primum sentio, nisi in bonis amicitiam esse non posse (ma mi sento dentro proprio questo: l’amicizia non esiste se non fra le persone buone, Laelius, De Amicitia).
Maria Giovanna Fadiga Mercuri
Umanista e filologa, ha sempre cercato di svolgere attività di studio e di ricerca nel settore di formazione nelle diverse sedi, fra la Corea del Sud e del Nord, il Regno Unito, la Germania, il Belgio e gli Stati Uniti. Attualmente a Roma, insegna Paleografia e Diplomatica (attenzione: niente a che vedere con la diplomazia!) presso la Scuola di Alta Formazione dell’Istituto Universitario di Patologia del Libro. Ex membro del Consiglio Direttivo uscente, ama scrivere.