di Eleonora Mancini Durante Mangoni
La storia di Eugenio Marinella e della maison di cravatte più nota al mondo contiene tutta l’anima di Napoli: genio, intraprendenza, senso del bel vestire e del buon vivere sono gli ingredienti di questa eccellenza italiana che ha saputo rinnovare il costume maschile, coniugando la tradizionale maestria partenopea all’eleganza dello stile inglese. E, restando a Napoli, fare cose grandi nel mondo anticipando di un secolo la globalizzazione.
Con un pizzico di immaginazione, questa storia inizia una mattina d’estate del 1914 quando…
Eugenio guarda compiaciuto l’insegna in caratteri bronzei sul marmo grigio: “E. Marinella”. Il suo negozio offre il meglio dell’eleganza maschile e a Napoli sono molti quelli che sanno apprezzarla. Sono solo le sei e trenta del mattino ma Piazza Vittoria, affacciata sul golfo, è già popolata. I caffè hanno allineato i tavolini di fronte alla Villa Comunale, la passeggiata alberata sul lungomare di via Caracciolo, e ovunque si diffonde aroma di caffè, profumo di fiori, fragranza di sfogliatelle. Don Eugenio apre le imposte e subito lo spazio attorno a lui si affolla: “Don Eugè, buongiorno!” “Aspettavamo voi, don Eugè”. Anche davanti al negozio Marinella compaiono caffè e sfogliatelle, si porta qualche sedia, un tavolino: chiacchiere, facezie e occhiate lunghe alla Villa. E’ questa l’ora in cui le belle signore sono solite cavalcare e passeggiare ed è per loro che i giovanotti della città affollano Piazza Vittoria all’alba. Ma tra un sorriso furtivo ed uno sguardo audace, i focosi napoletani non possono non dedicare attenzione al negozio di Don Eugenio che per questo apre prestissimo, battendo tutti sul tempo. Lo spazio è piccolo, venti metri quadrati in tutto, ma molto signorile. Le vetrine ricurve in legno massiccio invitano ad entrare, i grandi armadi espongono il meglio dell’eleganza maschile, la poltrona di pelle verde accoglie chiunque entri perché l’acquisto è solo un momento dell’esperienza ben più ricca e gratificante che Don Eugenio offre ai suoi clienti. Tutto questo non sfugge all’arguta Matilde Serao che lo definisce “la farmacia del paese”, ossia luogo di ritrovo e socialità e ne loda l’assortimento di ”ultimissima moda” in uno dei suoi noti “mosconi”, sul Mattino. Né rimane indifferente il viveur più famoso di Napoli, il colto e brioso Marcello Orilia, che per i clienti di don Eugenio tiene un ambitissimo corso di nodo da cravatta e di bon ton.
Eugenio Marinella ha intuito il cambiamento compiuto dal costume maschile al volgere del secolo, le fogge ottocentesche hanno lasciato il posto ad un look essenziale fatto di tre pezzi: giacca, gilet e pantaloni. E se le signore guardano a Parigi per i loro canoni di stile, l’uomo chic si volge a Londra e riconosce la sua icona in Edoardo VII principe di Galles che, charmant e disinvolto, conquista il mondo con la nonchalance dell’ultimo bottone slacciato sul gilet, la giacca aperta ed il risvolto ai pantaloni.
Per questo gli affari portano sempre più frequentemente Don Eugenio a Londra: prende il piroscafo da Napoli ed attraversa la Manica impeccabilmente vestito in grigio fumo e cravatta regimental, come se ne vedono ancora pochissime in Italia. Ma appena sbarcato a Londra, è proprio la cravatta a smascherarlo. Un puntiglioso generale di Marina, pince-nez e sguardo, indagatore chiede a bruciapelo: “A quale Gentlemen’s Club appartenete, Sir?”. Eugenio Marinella resta interdetto, ma gli è subito chiara la gaffe: la cravatta regimental, a Londra, segna l’appartenenza ad uno degli esclusivissimi club aristocratici…a cui lui non è iscritto! Ma ad un Italiano, si sa, si perdona tutto, tanto più se così elegante e ottimo intenditore del mercato dell’alta moda. Conosce, infatti, tutti i migliori atelier d’Inghilterra, i setifici, soprattutto le stamperie di cui apprezza i colori particolarmente caldi che è possibile ottenere solo con la stampa a mano. Nelle prime decadi del ‘900, Eugenio Marinella importa firme mai viste in Italia e iconiche tutt’oggi: Aquascutum, Brigg, Dawson’s, Mc Afee, Floris, Lock&Co. Poi, con un’intuizione lungimirante e dal piglio globale, apre due laboratori dove stile e tessuti inglesi si coniugano con la maestria della manodopera napoletana per la confezione di camicie e, dopo poco, delle celebri cravatte che hanno reso il nome Marinella famoso in tutto il mondo.
Dai tempi di don Eugenio tre generazioni si sono succedute, tutte con la stessa passione e lo stesso rigore per la tradizione. Alla guida dell’azienda c’è oggi Maurizio Marinella, una laurea in economia e commercio e grande carica vitale. “Nulla è cambiato dai tempi di nonno Eugenio – mi dice in una lunga e cordiale chiacchierata – il negozio è lo stesso di venti metri quadrati, stesso arredamento ormai d’epoca, stesso assortimento: camicie cravatte e accessori, ovviamente tessuti inglesi e fattura rigorosamente a mano e napoletana. Abbiamo solo ultimamente aggiunto foulard e pelletteria di qualità per le signore che spesso ci visitano e che costituiscono il 20% della nostra clientela”.
Neppure durante la seconda guerra mondiale, quando il fascismo vieta di avere rapporti commerciali con l’Inghilterra, il negozio ha declinato dal suo stile: Eugenio Marinella l’ha piuttosto lasciato vuoto per tre anni ed è stato drammatico sopravvivere. Oggi l’impegno non è minore: affinché le celebri fantasie minute delle sete non differiscano dalla tradizione, è stata acquistata la quota di un’antica stamperia nel Cheshire, una delle ultime rimaste ad eseguire la stampa a mano. L’azienda è in espansione, ma con misura: “Il nostro è un manufatto e più di tanto non si riesce a produrre” . E se anche la lista delle boutique (Roma, Milano, Londra, Tokyo) si allunga, lo fa con molta parsimonia e con la volontà ferma di “fare cose importanti nel mondo, restando a Napoli”. Proprio per questo carattere peculiare ed antico ma anche straordinariamente contemporaneo, nel 2018 è arrivato un importantissimo riconoscimento di cui Maurizio Marinella è molto fiero: l’azienda, unica italiana, è stata invitata al MOMA di New York per partecipare alla mostra “Items: is Fashion Modern?” dedicata alle icone del costume del XX e XXI secolo.
Ma il futuro incalza ed accanto a Maurizio c’è già il giovane figlio Alessandro che – complice l’emergenza covid – persegue lo sviluppo dell’e-commerce… “per quanto a me faccia venire l’orticaria”, si schermisce il padre. Eh sì, perché le cravatte Marinella sono molto più che un’occhiata sullo schermo: vanno accarezzate, fatte frusciare tra le dita e rilucere ai raggi di sole del Vesuvio, magari gustando caffè e sfogliatella e conversando amabilmente, come da Marinella si sa ancora fare. E’ questo che la maison napoletana continua ad offrire da oltre un secolo a chiunque sappia apprezzare Bellezza e Tempo, dalle sei e trenta del mattino fino all’ennesimo tramonto su questo sogno visionario – e realizzato – di lanciare un ponte dal golfo di Napoli al canale della Manica.
Inventori della cravatta furono i mercenari croati che affiancarono i Francesi durante la Guerra dei trent’anni (1618-1648). I croati erano soliti indossare come segno di riconoscimento un foulard rosso annodato al collo. L’idea piacque ai parigini che ne adottarono l’uso chiamando il nuovo accessorio “croates” dal termine “hravati”, croati. L’uso fece evolvere la parola in “cravate”, cravatta. Dal 2003, il 18 ottobre si celebra la “Giornata internazionale della cravatta”, giorno in cui l’Accademia Carvatica avvolse intorno all’arena romana di Pola una gigantesca cravatta rossa come simbolo dell’identità nazionale.
Cravatte Marinella per…
i presidenti americani Kennedy, Bush, Clinton, Obama e Trump, che hanno affidato anche al colore della cravatta il successo delle proprie campagne elettorali.
Chirac e Kohl, che ne chiedevano su misura per via dell’altezza.
Cossiga, che le scelse come omaggio per i suoi ospiti internazionali contribuendo a diffonderne la fama in tutto il mondo.
Ma anche per…:
Il Principe Ranieri di Monaco habituè del negozio, e Camilla d’Inghilterra che ha recentemente acquistato un assortimento con disegni del 1948, anno di nascita di Carlo. E foulard firmati esclusivamente Marinella per Angela Merkel.
E soprattutto per…
Totò che, per quanto il fisico lo aiutasse poco, sapeva indossare il frac meglio di chiunque altro al mondo!
Eleonora Mancini Durante Mangoni
Una laurea in Lingue e Letterature Straniere e una specializzazione all’Università Statale di Mosca, vari anni di lavoro nell’ambito della comunicazione e promozione del “Made in Italy” all’estero. E’ stata membro del Direttivo ACDMAE 2015/2017 con la responsabilità del Gruppo Eufasa e prima sostenitrice del Progetto editoriale di “Altrov’è”. Attualmente lavora a Roma, per la ROBERTO COIN S.p.a. Ha collaborato con scrittori e giornalisti in progetti editoriali, conducendo lo studio dei materiali di ricerca in lingua russa. Ha vissuto in Russia, Libia, Giappone.