di Veronika Hager von Strobele Quaroni
I nostri sentieri si sono incrociati per la prima volta grazie ad un’amica comune una mattina soleggiata al Bois de la Cambre, il polmone verde nel cuore di Bruxelles. Martha Demiris, moglie dell’Ambasciatore greco a Roma, Themistoklis Demiris, portava a spasso il suo labrador, color caffelatte, di nome Luca, omonimo del mio terzogenito figlio, che allora era decisamente meno interessato alle passeggiate del quadrupede greco. Ci siamo subito prese in simpatia e non solo per la nostra sintonia nella scelta di nomi. La coincidenza voleva che tutte e due ci siamo trasferite poco dopo a Roma dove, in questi ultimi tre anni, ci siamo ritrovate in varie occasioni, più o meno mondane, perdendoci in stimolanti conversazioni sulle nostre rispettive sfide quotidiane. Lei a Roma, sola, a fianco di suo marito in una residenza immensa, bella ma rumorosa e lontana dai due figli, ormai adulti, alle prese con viaggi e impegni ufficiali. Io, invece, assiliata da tre figli adolescenti, in una decisamente più piccola ma silenziosa dimora, lottando per trovare un minimo di spazio vitale per estraniarmi di tanto in tanto dall’avvolgente mestiere di mamma.
Roma è l’utima tappa per i Demiris prima di andare in pensione ad Atene. Durante l’ultimo incontro con Martha nella veranda del Caffé “Il Cigno” ai Parioli, in una giornata dall’aria frizzante e già un po’ autunnale, la invito a tirare le somme della sua esperienza romana. La sua risposta, ahimè, non mi sorprende anche se continuo a covare la speranza di scoprire, attraverso gli occhi di osservatori di passaggio, meravigliosi segreti di questa città che noi, condizionate dalle vicissitudini quotidiane, non riusciamo più a vedere…
– La mia vita qui non era affatto così come me lo sarei aspettata. Ci ho messo veramente parecchio ad abituarmi, ho imparato la lingua con un’insegnante privata, ho fatto i compiti, ma nonostante ciò è stato difficile. Forse perché ero partita con l’idea che Roma fosse culturalmente più al centro che al sud dell’Europa e che rispetto ad Atene fosse più organizzata. Invece ho visto che anche qui la burocrazia, pure per le questioni private, richiede un sacco di tempo e pazienza: per esempio aprire o chiudere un conto in banca oppure farsi una tessera al supermercato. Alla fine non si capisce il perché. Sembra che ti vengano date troppe opzioni che però rendono tutto più complicato.
Avendo vissuto più di 25 anni all’estero a fianco di suo marito vorrei sapere con quale stato d’animo sta affrontando l’imminente rientro definitivo in patria. Martha assume un’espressione leggermente preoccupata…
– Certamente non è un buon momento per tornare. Non so cosa aspettarmi. Girando il mondo non ho mai fatto veramente programmi per il futuro. Sono contenta che ora ritroverò i miei familiari, i miei amici, la mia casa. Ma la situazione in Grecia non è buona e sta deteriorando. Sono veramente preoccupata. D’altra parte ho avuto una vita bellissima e privilegiata. Se la Grecia fosse attualmente un paese normale sarebbe più facile. I media esagerano ma la situazione è effettivamente complessa. La disoccupazione colpisce tutti, ma principalmente la generazione di mezzo. Ho due cugini che a 50 anni hanno perso il lavoro poco tempo fa e vivono della loro buona uscita. Meno male che non hanno famiglia e che per adesso se la cavano.
Generalmente vedo che la società greca è stanca, non si fida più di nessuno. Abbiamo bisogno di ritrovare fiducia in noi. E per uscire dall’attuale crisi dobbiamo ricordarci che facciamo parte dell’Europa. La gente è arrabbiata e non si rende conto che abbiamo fatto degli sbagli. Ancora però non è pronta per un esame di coscienza. Ci vorrà del tempo.
Mi interessa in particolar modo come Martha, con la sua personalità solare e forte, vede il futuro dell’Unione Europea dopo la Brexit. La conversazione si fa più seria, ma la mia interlocutrice non appare combattuta.
– Non sono solo preoccupata per la Grecia ma per l’Europa. Gli inglesi spendono più soldi per un referendum che per l’accoglienza dei profughi. Non riesco a capire come abbiamo fatto a non prevedere i grossi problemi demografici ed economici che ci affliggono ora. Fino a quando l’economia tirava, durante gli ultimi decenni, non ci siamo interessati dei problemi dell’immigrazione. Ora siamo travolti dai profughi. Non possiamo più nasconderci. Dobbiamo affrontare il problema. Ma l’integrazione deve essere organizzata bene perché non possiamo creare dei nuovi ghetti come già esistono in tante parti dell’Europa. Prendo Bruxelles come esempio: lì nel mio quartiere, a Ixelles, non ho mai visto donne arabe svolgere una qualsiasi professione. C’erano donne di colore, come uno dei miei medici, ma non arabe. Non possiamo commettere di nuovo questo errore. Chi viene in Europa ha bisogno di opportunità, non di segregazione. Riconosco le difficoltà pratiche dell’integrazione. Ho considerato di ospitare dei profughi a casa mia ad Atene per un periodo. Ma una volta che accogli una famiglia nessuno ti può garantire che non vengano a viverci altri 20 familiari. L’abbiamo visto in Grecia in passato con gli Albanesi, è praticamente impossibile mantenere il controllo.
Ho paura maggiormente per i nostri figli. L’Europa come l’ha conosciuta la mia generazione, che dava garanzia di sicurezza e prosperità, è cambiata. Noi donne forse dovremmo girare più coperte. Anche se è difficile da immaginare, il rischio è reale.
Dopo una lunga deviazione sulle sfide per l’Europa la nostra conversazione torna sulla vita quotidiana romana, nella splendida residenza dell’Ambasciata greca in Viale Gioacchino Rossini con vista invidiabile su Villa Borghese. Qui Martha parte ogni mattina per lunghe passeggiate con il successore di Luca, una cagnolina vivace di razza mista, color perla. Sono anche curiosa di scoprire se fa parte di un’associazione greca paragonabile alla nostra e come è il trattamento delle consorti in Grecia. Martha mi guarda in modo dubbioso e mi fa capire che c’è poco da raccontare…
– Mi sembra che abbiamo un’associazione come la vostra ma non sono sicura. Comunque non c’è nessuna offerta formativa per consorti come corsi di lingua o di cultura. So di certo che ad Athene c’è un gruppo di volontarie che riesce ad intrattenere relazioni con consorti straniere appoggiandosi ad un piccolo ufficio che gli viene messo a disposizione dal nostro Ministero la domenica. Tutto qui. La gente ad Atene oggigiorno non ha tempo per niente.
Visto il mio sguardo un po incredulo Martha mi offre questa spiegazione…
– Voi italiani amate il vostro paese e ne siete fieri. Noi greci amiamo i nostri celebri antenati, la nostra storia antica ma del nostro paese moderno purtroppo non siamo orgogliosi come voi.
Veronika Hager von Strobele Quaroni
Giornalista per formazione e appassionata viaggiatrice da 30 anni, moglie di un diplomatico italiano e madre di tre figli in età adolescenziale, Veronika Hager von Strobel ha vissuto in Austria, negli Stati Uniti, in Russia e in Belgio. Ha collaborato come giornalista freelance per il quotidiano dell’Alto Adige “Dolomiten”, per la “Moskauer Deutsche Zeitung” a Mosca e per “Europa”, pubblicazione mensile della Commissione dell’Unione Europea in Russia.