Redazione
I media stanno ignorando una delle guerre più sanguinose del Pianeta, quella del Sudan scoppiata oltre un anno fa, ad aprile del 2023. Un conflitto che centinaia di migliaia di civili stanno pagando sulla propria pelle. Nessuno, tuttavia, sembra accorgersene: i telegiornali non ne trasmettono le immagini e i social media tacciono.
L’orrore di cui è vittima questo paese, tagliato in due dal Nilo e con una complessa storia anticamente intrecciata a quella egiziana, non è facilmente ‘instagrammabile’. Impossibile trovare un jingle di Tik Tok che si accordi alla brutalità della mattanza di donne e bambini compiuta a cadenza regolare, da un anno a questa parte, mentre l’Occidente è distratto da guerre più vicine: il conflitto a Gaza e quello in Ucraina.
Se il conflitto non si vede e non si posta, allora non c’è. Funziona così oggi.
L’ambasciatrice statunitense alle Nazioni Unite, Linda Thomas-Greenfield, ha denunciato senza mezzi termini che i media stanno ignorando la guerra in Sudan: “Venticinque milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria internazionale urgente”, perché la loro vita, specie ora che siamo in estate, è a rischio. Stiamo parlando di un numero di persone superiore alla popolazione delle dieci città più grandi degli Stati Uniti, ha chiarito Thomas-Greenfield cercando di scuotere la comunità internazionale dando senso ai numeri.
Questi 25 milioni di individui oggi sono alle prese con carestia e siccità. I soccorsi internazionali non riescono adarrivare dappertutto e spesso non riescono neppure a fornire l’assistenza minima, quella salva-vita. Non giungono a destinazione neppure medicine né vaccini e le epidemie tra i profughi non sono meno mortifere delle milizie armate
Non sembra che l’appello disperato delle Nazioni Unite e delle Ong internazionali abbia sortito l’effetto auspicato.Secondo la diplomatica statunitense i media dovrebbero aiutare il pubblico nelle scelte di cosa leggere e vedere. Altrov’è non è una testata ma nel suo piccolo non lascerà cadere questa richiesta perché quando le persone vengono dimenticate, come succede in Sudan, queste persone muoiono due volte: per mano delle milizie e per effetto della disattenzione.
Mentre scriviamo, in Sudan – un Paese che contava già 4 milioni di sfollati prima di questa crisi – si continua a morire. A un anno dall’inizio del conflitto tra l’esercito regolare, le Forze Armate Sudanesi (Saf) e le Forze di Supporto Rapido (Rsf) che si contendono il potere, il bilancio calcolato per difetto di 12 mesi di guerra, è di almeno 23mila vittime e oltre 10 milioni di sfollati interni e rifugiati nei paesi vicini: Egitto, Libia, Ciad, Repubblica Centroafricana e Sud Sudan.
Il bilancio si ingrossa da una settimana all’altra. In media 120mila persone stanno fuggendo dal Sudan ogni sette giorni. Volendo si potrebbe anche trarre delle conclusioni senza poi inorridire (o sorprendersi) ogni volta che un barcone di disperati attraversa il Mediterraneo. Ma… Occhio non vede, cuore non duole.