di Anna Orlandi Contucci Iannuzzi
Squilla il cellulare. Sono al computer, non vorrei rispondere. “Ciao Annina, come stai?”. Un attimo di silenzio e poi, “ti chiamavo perché vorremmo proporti un lavoro”. Rimango attonita: quante volte, tra un trasferimento e l’altro, avrei voluto ricevere una telefonata del genere. Oggi però tergiverso. “Richiamo dopo”, e metto giù. Sono impaurita: Ce la farò a 62 anni? Sono proprio sicura di volere ricominciare da capo?
Ripenso, sorridendo, al mio cammino affianco a Giovanni, in giro per il mondo. Un perenne divenire senza tempo per la noia, scandito da tante difficoltà, familiari e personali, anche perché desideravo mantenere la mia professionalità e dare continuità al curriculum. Fra trasferimenti, impegni come consorte e aspirazioni professionali c’è sempre stato un invisibile filo conduttore. Oggi lo riconosco chiaramente.
Ricordo il mio arrivo nella prima sede – Abidjan – avevo alle mie spalle nove anni di lavoro in una società finanziaria: esperienza assolutamente non rivendibile in loco. Ero confusa e anche piuttosto arrabbiata. Credevo che il ruolo di consorte fosse per lo più questione di forma e di stile. Poi un giorno ho guardato al di fuori della mia realtà. Ho cercato di cogliere negli sguardi delle persone i pensieri, le aspirazioni, le sofferenze e mi è venuta voglia di capire com’era la vita oltre il mondo diplomatico. C’erano i bambini delle strade di Abidjan, il loro sguardo mi colpiva nel cuore: non avrei potuto vivere quattro anni lì senza fare qualcosa per loro. Così sono entrata in contatto con il lavoro incredibile dei missionari italiani nei dispensari della Costa d’Avorio e con UNICEF International. Vivendo la realtà locale, sono riuscita ad accantonare la mia logica occidentale e a mettermi con umiltà in ascolto del mondo e della cultura circostante. Mi sono resa conto che una laurea in economia e qualche anno in ufficio non sarebbero stati sufficienti: dovevo affinare il mio io interiore per fare sì che l’esperienza ivoriana mi lasciasse un bagaglio di esperienze formative e arricchenti, da potere riutilizzare in futuro. Era indubbiamente scattato qualcosa in me: m’impegnavo in ogni iniziativa interessante mi venisse proposta, anche se minore, senza timore di venirne sminuita, ma consapevole che solo spaziando in varie direzioni avrei rielaborato in modo positivo la mia esperienza africana. Dal cammino intrapreso ho ricevuto un bellissimo regalo: ho scoperto a 40 anni che mi piaceva scrivere e ho iniziato a farlo per me stessa, in francese, sulle pagine del giornalino della scuola di mia figlia. Ogni occasione era buona per approfondire, in particolare le tematiche sociali e la tutela dei diritti dei bambini.
Ma dalla luminosità e dal calore dell’Africa sono stata poi catapultata in Svizzera, a Ginevra. Nuovo paese, nuova esperienza, nuovi costumi di vita: dovevo ricominciare da capo a ricercare la mia strada. E mi sono persa d’animo.
Mi chiedevo se tutto quello che avevo visto e imparato sarebbe andato sprecato, se nella nuova sede mi sarei limitata a essere “solo” la moglie di un diplomatico. Anche lì, un giorno, arrivò a sorpresa una telefonata: una richiesta di aiuto per un bambino italiano che aveva un tumore a un occhio, segnalatomi dal nostro pediatra di Roma. Era un’altra occasione per aiutare confrontandomi non più con l’emergenza dell’Africa, ma con un mondo più strutturato, sede di organismi internazionali, in cui avrei potuto fare esperienze formative in tema di tutela dei diritti dei bambini, il campo che m’interessava. Ma come? E qui è intervenuta la consapevolezza del cammino di formazione che comunque avevo già compiuto: forte di quella capacità di contatto che è veste tipica della moglie di un diplomatico, ho iniziato a parlare del mio desiderio di impegnarmi soprattutto nel campo dei diritti dei minori. E da una banale conversazione con un’amica peruviana – freelance nell’organizzazione di eventi – è spuntata l’idea: non potevo lavorare ma avrei lavorato lo stesso – gratuitamente – e il mio curriculum si sarebbe arricchito delle più disparate esperienze. E così sono ripartita ancora una volta da zero, aiutando ad organizzare eventi, concerti, congressi. Facevo volontariato ma continuavo a imparare perché ogni situazione mi regalava nuovi stimoli. Alla fine mi si offrì anche l’occasione di lavorare tre mesi in UNICEF, per aiutare nell’organizzazione dei 50 anni dell’Economic and Social Council (ECOSOC) delle Nazioni Unite.
Dopo quelle esperienze tornare a Roma non è stato facile. Roma l’avevo sempre vissuta lavorando. Dovevo e volevo continuare a farlo.
Incredibilmente fu proprio l’esperienza in Costa D’Avorio il motore per trovare lavoro: UNICEF Italia mi assunse grazie agli anni trascorsi in Africa, e con la richiesta di portare loro idee nuove. Mi sono ritrovata dietro alla scrivania, in un open space condiviso, con gente che lavorava da anni sulle tematiche dei diritti minorili e che mi guardava perplessa. Ho continuato per la mia strada: senza impormi, pronta a imparare e a fare, senza timore di espormi. E la strada intrapresa anni fa si è mostrata quella giusta: con facilità e senza quasi rendermene conto ho fatto lobby per la riforma della giustizia minorile e, ho collaborato con la Polizia delle Poste e comunicazioni nella lotta contro la pedofilia. Ho seguito la nascita della legge sulla tratta e ho fatto lobby per la creazione in Italia del Garante per l’infanzia. Per cinque anni ho avuto il privilegio di lavorare a fianco di magistrati, avvocati ed esperti di settore e ho potuto scrivere sui diritti dei bambini.
Poi è intervenuto l’ennesimo cambiamento di vita: dopo l’ultimo convegno organizzato per UNICEF, ho lasciato tutto e sono ripartita. Ero tuttavia consapevole che, anche solo per un breve periodo, avevo fatto un bel lavoro e vi ero approdata grazie all’esperienza acquisita all’estero. Certo, ci ho messo un po’ per riprendermi dallo strappo ma Atene mi stava ripagando con la sua gioiosità e la sua atmosfera magica. Mi sono quindi data tempo e, ancora una volta, ho trovato la mia strada iniziando a scrivere per un giornale italiano – Eureka – sulle problematiche sociali evidenziate dai Rapporti dell’Unione europea. Rileggendoli ora, mi sembra di aver scritto pezzi mediocri. Ma ogni articolo era studio e approfondimento ed era anche un modo per sentirsi persona, al di là delle incombenze non trascurabili della vita diplomatica.
In seguito è arrivata Mosca: una sede impegnativa, che non da tregua, ma molto stimolante. Ho studiato, letto e cercato di imparare il più possibile. Quattro anni in un paese immenso come la Russia sono pochi e il tempo sembrava sfuggire di mano. All’inizio mi sono buttata a capofitto per fare dell’Associazione delle Signore italiane a Mosca (ASI) una vera associazione, ma poi è riemersa lentamente la mia esigenza di adoperarmi per aiutare i bambini. Col sostegno di tanti ho organizzato anche lì grandi eventi di beneficenza, realizzando incassi importanti per finanziare progetti a favore dei minori e dei bisognosi. Un’altra esperienza straordinaria che mi ha permesso di conoscere gente meravigliosa, tessere nuove amicizie e continuare a esercitarmi nell’arte di ascoltare per capire.
Questa è la mia storia. Potrei aggiungere altro, ma non voglio annoiarvi. Credo sia più importante lasciare a chi legge un messaggio: essere consorte di un funzionario diplomatico non è certo una passeggiata, né ci sono regole o trucchi per svolgere al meglio il proprio ruolo, ma è una vita che offre mille spunti. Basta non perdersi d’animo, essere curiose ed attente al mondo circostante, mantenere vivi i propri interessi e mettersi ogni tanto in gioco. Il resto viene da solo, se s’inseguono le proprie aspirazioni con coraggio e convinzione. Anche un lavoro a 62 anni!
Anna Orlandi Contucci Iannuzzi
Dopo la Laurea in Economia e Commercio alla Luiss di Roma, ha lavorato per dieci anni in una società finanziaria. Si specializza successivamente in tutela dei diritti dei minori mettendo in pratica le proprie competenze presso l’Area Diritti dei bambini del Comitato italiano per l’Unicef. Ha anche collaborato con il desk “Ascolto” del Centro Sociale Vincenziano Onlus a sostegno delle persone in difficoltà, e oggi lavora stabilmente a Roma, presso l’Ufficio del Grande Ospedaliere del Sovrano Ordine di Malta.
Grandissima Annina !! Paolo